Cambiare la scuola si può

Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara

Gianfranco Zavalloni Saluta così!

 

INTERVENTO DI MICHELE PICCINI AL CONVEGNO DEL 29 MAGGIO 2010
TEATRO GIOTTO

UNA SCUOLA PER DON MILANI
I luoghi dell’apprendimento

piccini@architetturasostenibile.net)

Introduco tre temi fondamentali di riflessione per progettare l’edificio scolastico.

  1. La forma dell’edificio o meglio le caratteristiche spaziali del luogo in relazione al tipo di didattica.
  2. La progettazione partecipata per restituire centralità alla comunità per permettere un senso di appartenenza per imparare, per responsabilizzare.
  3. L’importanza dell’anima del luogo. Barbiana non aveva un edificio pensato per fare scuola.

Alcuni cenni storici possono essere utili per mettere a fuoco il primo punto
L’edificio scolastico, nel senso che noi lo intendiamo oggi, ha un’origine abbastanza recente che si colloca a cavallo tra ‘800 e ‘900.
Possiamo però far risalire all’esperienza delle scuole filosofiche ateniesi del V secolo, non a caso in relazione al sorgere della democrazia, i primi edifici funzionalmente pensati come scuole. Con l’età ellenistica si istituisce il ginnasio che accompagna i ragazzi dai 12/13 anni fino ai 20. La sua conformazione spaziale è piuttosto semplice: un grande cortile rettangolare aperto contornato da un porticato chiuso esternamente e che si apre sui lati minori da una parte su alcune stanze e dall’altra sull’ingresso caratterizzato da un protiro. Per collocare questa esperienza è utile tornare sul significato etimologico di scuola, dal greco Scholè, per capire che la scuola rappresentava un privilegio di coloro che avevano il tempo per farlo.
Gli stessi modelli sono riscontrabili a Roma, è da rilevare però che nella scuola greca gli insegnanti sono scelti pubblicamente in quella romana sono di iniziativa privata e gli alunni pagano lo stipendio al maestro e si occupano delle esigenze della scuola.

Medioevo
Con lo sfaldamento dell’impero passeranno completamente nelle mani della chiesa i “compiti” dell’istruzione. I conventi diventano anche gli unici centri di diffusione della cultura e di fatto le scuole coincidono con essi.
Certo queste non sono scuole aperte chiunque ma sono finalizzate alla formazione del clero per la diffusione delle scritture.
È con la riforma di Gregorio VII che verranno istituiti corsi anche per giovani che non prenderanno gli ordini.
Da questo modesto inizio si svilupperà la prima organizzazione della suola laica del XII secolo che resa autonoma dal mondo ecclesiastico si strutturerà con le prime università libere.
Nel tardo medioevo i comuni si occupano di risolvere anche il problema della collocazione della scuola adibendo dei locali dove ospitarla. In vero queste strutture rivelano grandi limiti de recettività cosicché la soluzione dei conventi è la più adottata.

La cultura umanistica oltre alla rivoluzione che attua nel pensiero moderno si riflette anche sui luoghi in cui si deve svolgere l’attività di studio. Nasce così tra l’altro la prima biblioteca pubblica moderna dell’occidente che è la biblioteca di San Marco a Firenze opera di Michelozzo 1444. Di questa dirò soltanto che lo spazio della cultura è concepito da Michelozzo come tempio del sapere utilizzando a tal fine la conformazione a tre navate della basilica. La colorazione delle pareti era realizzata  con una pittura che simulava il marmo di colore verde. Il verde sia nel mondo pagano che in quello cristiano ha costantemente simboleggiato valenze di resurrezione, eternità, speranza felice rinnovamento, di vita giusta e beata, ma ha anche valenze funzionali come colore temperato, mediatore, rinfrescante, rassicurante, colore della contemplazione. Quindi il verde come il colore più adatto per favorire la vista sia esteriore che interiore. Varrebbe forse la pena di soffermarcisi più a lungo su questo tema, magari in un’altra occasione.

In armonia con il trattato  di Giovita Ravizza (detto Rapicius), del 1551, nel quale si pone l’accento sulla necessità di un’educazione morale e religiosa, sorgono le prime scuole dei Barnabiti che presentano una tipologia specifica pensata per un edificio scolastico e derivata dal palazzo signorile. L’organizzazione interna di spazi e arredi è ancora pensata su quella monastica che è ritenuta la più vicina ai bisogni di una comunità di studi.
Nel XVI secolo, in relazione alla creazione di scuole da parte degli ordini religiosi, sorte soprattutto  per contrastare l’eresia luterana, i Gesuiti in particolare giunsero ad un alto grado di definizione della tipologia che si espanse notevolmente anche grazie ai numerosi incarichi per collegi ricevuti dai governi di tutta Europa. Questi erano organizzati intorno ad un cortile di forma quadrata circondato da portici che disimpegnavano le aule. I locali del convitto si distribuivano attorno ad un secondo cortile. La modernità della concezione del modello gesuitico è rappresentata della convinzione che le possibilità didattiche siano esaltate dalla definizione tipologica dell’edificio.

Primi Teorici dell’educazione
John Locke (1632 – 1704) contrapponendosi ad un sapere nozionistico aveva affermato che l’unico scopo dell’educazione deve essere di dare all’educando la preparazione e i mezzi adatti ad affrontare qualunque situazione si trovi a fronteggiare.
Così inizia il percorso che porta alla scuola moderna. Il testimone è raccolto nel secolo 18°, da Jean Nacques Rousseau (1712 – 1778). Nell’Emile, in cui si parla dell’educazione del fanciullo, Rousseau richiama costantemente alla spontaneità dei rapporti che deve esistere tra educatore ed educando, alla naturalezza senza la quale non vi è quello scambio vitale di impressione e di idee.
Una delle prime esperienze di messa in pratica di teorie pedagogiche fu merito del Pestalozzi (1746-1827) che vedeva l’educazione come sviluppo quanto più libero ed armonioso delle energie spirituali di ognuno. La suola, liberata dal freddo meccanicismo del rapporto tradizionale tra insegnante e allievi, viene concepita dal Pestalozzi come un ambiente dove il maestro, imitando il più possibile la spontaneità  e semplicità dell’insegnamento materno, partendo dalle esigenze del fanciullo e non dal suo proprio sapere aiuti l’armonico espandersi della mente infantile dai primi elementari concetti a forme di sapere più complesse e più vaste.

Rivoluzione industriale XIX secolo
E dal 19° secolo che inizia la storia dell’edificio scolastico nel senso che noi intendiamo: una struttura pensata in modo specifico e sistematico per accogliere la scuola pubblica.
I governi sulla spinta della rivoluzione industriale e le idee dell’illuminismo si interessano sempre più all’istruzione e si comincia a considerare il processo educativo per tutta la popolazione poiché si comincia a capire che il progresso culturale é veicolo di prosperità.
Ci si comincia a chiedere dove insegnare, si pone il problema di dotare l’istruzione di propri spazi, di determinarne le forme, le dimensioni e l’organizzazione. In Inghilterra le prime suole derivano dalle Church-halls, e sono quindi improntate ad un forte spirito comunitario. (fig n.3 Chuch-halls).
L’elementare struttura di questa scuola era costituita da un grande spazio dove inizialmente si faceva scuola tutti insieme. Successivamente, anche per l’esigenza di dividere gli studenti in gruppi meno numerosi e più gestibili, si individuano ambienti più piccoli tramite l’uso di pennellature che all’occorrenza venivano rimosse per ritornare allo spazio originario. Questa disposizione all’inizio occasionale diventa con il tempo una constante che assume un valore tipologico.
La scuola così concepita non è solo il luogo dove si esplicano le funzioni meramente scolastiche ma è il luogo dell’incontro.

Se in Europa la scuola risentiva della sua origine ecclesiastica in America si sviluppa in modo più autonomo. Nel nuovo mondo, soprattutto la scuola di campagna, diventa, oltre che luogo per l’educazione dei ragazzi, lo spazio ove la comunità si incontra, fa musica ed altre attività cioè funziona come centro culturale.

In Germania si attua in questo periodo un intensa ricerca con particolare attenzione oltre che agli aspetti funzionali anche agli aspetti igienico-sanitari.
Dal modello della hall centrale si vengono a differenziare edifici con aule separate per sessi distribuite lungo un corridoio centrale. La qualità dell’insegnamento è quella che potremmo definire oggi, eminentemente passiva, è in stretta relazione con l’organizzazione tipologica, derivata direttamente dal collegio gesuitico e dagli edifici militari, concepiti con un ordine distributivo altrettanto rigoroso. È da questi modelli che si svilupperà la tipologia a corridoio, predominante nell’edilizia scolastica europea fino agli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
In Francia nel 1881 si ha prima legge che istituisce la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione dai 7 ai 13 anni.
Un aspetto da rilevare è che in questo periodo si mantiene di fatto una notevole discrepanza tra criteri didattici evoluti e edifici didattici.
Il 19° secolo vede anche la nascita dell’organismo scolastico dal punto di vista urbanistico e funzionale sulla base delle problematiche igieniche e pedagogiche.
La scuola nella città si confronta col grande sviluppo della città stessa con il suo bisogno sempre più grande di spazio: non si accetta perdita di spazio utile se non in cambio di qualcosa.
Si assiste al fallimento della città teorizzata da Frederick Law Olmsted (1822-1903) immaginata con grandi parchi dove si dovevano collocano le scuole.

Tornando in Europa per la  Montessori (1870-1952) è necessario che la scuola permetta il libero svolgimento dell’attività del fanciullo...La concezione della Libertà che deve ispirare la pedagogia è universale: è la liberazione della vita repressa da infiniti ostacoli che si oppongono ad uno sviluppo armonico, organico e spirituale.
Nel 1907 si inaugura a Roma, nel quartiere disagiato di San Lorenzo, la prima casa dei bambini della Montessori. L’esperienze montessoriane rappresentano, agli inizi del XX secolo, i primi tentativi di riorganizzazione di una vita sociale avente come fulcro la scuola.
In America John Dewey (1859-1952) fonda una scuola attiva sulla base di una continuità della scuola con tutta la vita del fanciullo nella quale si forma l’aspetto di responsabilità. Per questo la suola è un laboratorio dove tutti concorrono al raggiungimento di un obiettivo. La scuola è un organismo collegato con tutto il mondo circostante e gli elementi che lo compongono (famiglia mondo dell’industria e degli affari, altre scuole ed istituti di cultura) per questo deve assorbire tutto e rifletterlo in se quindi sarà composta da locali vari per varie attività con al centro la biblioteca centro di collegamento e di rielaborazione delle diverse esperienze.

Ernst May 1927 realizza la prima scuola a padiglioni, egli sostiene la necessità di risolvere, oltre ai problemi della forma, anche quelli dello spirito e dell’educazione.
Fritz Schumacher accetta gli edifici a padiglione per problemi di spazio ma pone attenzione ai problemi pedagogici, per esempio il banco dell’insegnante uguale a quello dell’alunno e non messo in una posizione preminente.
Le scuole all’aperto in Olanda vedi esemplare quella di Duiker ad Amsterdam, Anche se multipiano c’e ad ogni piano zona interna ed esterne e senza corridoi.
Dal 1930 la scuola Americana è  la più dinamica perché in Europa ci si deve confrontare con motivi di ordine politico che condizioneranno in modo forte la tipologia della scuola.
In Europa Italia e Germania si torna alla scuola monumentale ed anche a cattedra e banchi.
Nel dopoguerra un esempio esemplare in assoluto di scuola è rappresentato dalla scuola di Scharoun Darmstad (1951) sulla quale vale la pena soffermarsi.
Egli parte dalla constatazione che alle fasi del  bambino corrispondono esigenze specifiche diverse anche per ciò che riguarda l’ambiente in cui sta nella sua scuola.
La scuola di Darmstadt è suddivisa in quattro distretti o, secondo le parole di Scharoun, “circuiti” fondamentali per lo sviluppo del bambino.
Nel primo distretto, corrispondente alla sfera (o fase) del Giocare, vivono i fanciulli da sei a nove anni di età in uno spazio architettonico raccolto ed orientato a sud, dato che i bambini di quella età hanno bisogno di protezione e di calore.
Nel secondo distretto vivono i fanciulli da nove a dodici anni di età: esso corrisponde alla sfera del Formare. Lo spazio necessario a questo gruppo di fanciulli deve stimolare l’attenzione, trattenere e formare; ma, avendo altresì il bambino necessità di misurare, paragonare ed osservare l’opera dell’uomo, tale spazio va orientato in un senso solo, va separato dall’ambiente esterno alla scuola in modo tale da permettere l’osservazione ravvicinata e da impedire che lo sguardo si spinga lontano. L’orientamento indicato è l’est o, indifferentemente, l’ovest essendo questi gli unici orientamenti che permettono e facilitano il paragone: la luce proveniente dal cielo è in equilibrio con quella proveniente dal sole, è temperata ed è esattamente percettibile nel suo mutare.
Nel terzo distretto vivono i fanciulli da dodici a quattordici anni. In esso si forma la personalità e “al posto della limitazione stretta e sicura del secondo distretto viene l’ampio e al posto della vicinanza subentra la distanza dove i dettagli si legano per formare un tutto”. Il distretto è orientato a nord in quanto questo orientamento permette la  concentrazione in se stessi e dà la possibilità di osservare gli oggetti illuminati dal sole stando nell’ombra e di vedere dall’ombra la luce del sole: la luce del cielo è dominante.
Il quarto distretto è invece comune e serve per le esperienze del vivere insieme tra distretti e per i contatti col mondo esterno delle famiglie.
Ogni distretto, ad esclusione del quarto, è costituito da aule di forma corrispondente alla fase evolutiva, e da una sala (hall) per le esperienze di vita comune nell’ambito del distretto.
I vari distretti, per il loro aspetto formale differenziato a seconda della destinazione, sono tutti facilmente individuabili. Le caratteristiche ambientali che determinano un distretto non sono però tali da togliere unità architettonica a tutto l’insieme.
La scelta del terreno sul quale deve edificarsi la scuola non può essere casuale ma è subordinata all’esame delle relazioni che deve avere con gli altri centri ed edifici della città circostante.
Si sottolinea l’importanza della scuola come organismo fatto di parti così come una cittadella ed anche come parte dell’organismo città. La scuola deve essere inserita nella struttura della città vivente.
L’organismo scolastico è concepito come ambiente che provoca e facilità l’incedere del fanciullo attraverso le fasi del suo sviluppo. In questo senso l’ambiente  della scuola non è più rinchiuso solo nell’edificio scuola ma lo travalica andando in tutte l’unità di quartiere ampio campo di osservazione e teatro di molteplici attività delle quali il bambino trae insegnamento.

Siamo arrivati alla seconda questione: la partecipazione.
Tra gli elementi di maggiore interesse deve essere annoverato la progettazione partecipata che trova nella scuola di Scarsdale, New York, il primo e significativo antecedente. A Scarsdale si voleva costruire la scuola elementare su basi pedagogiche e in relazione alle condizioni ambientali.
Il desiderio iniziale era quello di ampliare la scuola esistente ma il risultato fu quello di realizzare una scuola completamente nuova quale centro della comunità.
Fu costituito un forum di discussione che durò per due anni quindi fu dato l’incarico ad architetti sensibili di sviluppare il progetto.
La scuola fu pensata in base alle attività e non dei locali, pensando al bambino come individuo e come parte di un gruppo, e che tutti  gli spazi del fanciullo devono provocare la crescita del fanciullo. Vi fu una partecipazione molto attiva e il risultato portò ad un modello di scuola che a tutt’oggi risulta molto interessante.
Questa metodologia progettuale rappresenta anche di per se un fatto didattico non indifferente e permettere un effettivo coinvolgimento della comunità e dei ragazzi alla realizzazione della nuova scuola. Un luogo così generato non è più semplicemente lo spazio dove si svolgono delle funzioni ma dove il ragazzo può constatare il proprio radicamento e quindi dove trova il massimo di conforto psicologico e conseguentemente di  concentrazione. Alla Confidenza con il luogo si associano in un più rapido processo logico, anche i concetti di riconoscibilità e di appartenenza al luogo e al gruppo. Pensare alla propria scuola implica anche un processo che porta l’individuo sia esso studente, insegnante o membro della comunità, ad avvicinarsi e quindi ad “riappropriarsi” di una struttura sociale primaria; gli permette quindi di sentirsi partecipe e di sentirla sua nel senso di averne cura. Costituisce un impegno che abitua a partecipare e quindi contribuisce a determinare una coscienza politica. Inoltre la scuola può divenire un polo attrezzato da usare anche al di fuori delle attività  scolastiche,  per esempio la biblioteca, gli spazi per lo sport, la mensa, l’auditorium, il verde e rappresentare anche una risorsa educativa permanente per tutta la comunità.
In tutto questo processo si deve essere inoltre coscienti che la scuola guida la realizzazione della città, che entra in relazione con il contesto, diviene elemento urbano e determina l’urbanistica. Ma anche la città stessa e il suo territorio sono una parte importante della scuola dove fare scuola, fino al punto in cui la scuola in certi momenti si confonde con la città e il territorio. Una scuola aperta verso l’ambiente naturale, verso quello sociale, verso quello culturale verso l’intero sistema.

 

Quindi siamo al terzo punto: l’anima del luogo.
Come non riconoscere tra le componenti che concorrono a costituire una scuola, il primato al “maestro” in fondo la prima scuola era rappresentata da Socrate che parla sotto un albero ai suoi discepoli o, più recentemente, Don Lorenzo faceva scuola in un luogo “non scuola” nei termini di edificio. La  scuola in quanto edificio non è altro che un edificio in cui si fa scuola. gli edifici in realtà non sono semplicemente spazi-funzioni, l’esempio di Barbiana chiarisce chiaramente questo aspetto. Una costruzione rurale incastonata in un territorio bello e difficile. Nella tradizione toscana questi edifici sono il frutto di trasformazioni diacroniche durate secoli. Trasformazioni spesso operate dagli stessi abitanti della campagna in base a nuove esigenze che di volta in volta si presentavano. Trasformazioni che interessano sia l’edificio che il sistema circostante dei campi terrazzamenti percorsi aia ecc di cui l’edificio è parte integrante. è così che queste costruzioni sono come organismi con una propria vita, capaci di essere trasformati pur rimanendo fortemente radicati al luogo. Sta proprio in questa loro essenza la capacità diportare dentro il senso stesso del luogo in cui sono la loro “Anima”.

Ci ricorda James Hillman che: “L’«intima» qualità del luogo è dovuta sia alla percezione del clima e della geografa, sia all’immaginazione: per questo è necessario stare a lungo in un luogo perché l’immaginazione possa rispondere. L’idea che l’immaginazione deve rispondere a un luogo è evidente nel modo in cui i Greci sceglievano la localizzazione dei loro templi, dove le particolari qualità del paesaggio suggerivano immaginazione questo o quel dio – l’acqua per Afrodite, per esempio –, così che l’architetto, il costruttore, veniva «invocato» dal luogo. L’interiorità del luogo «parlava» alla sua immaginazione, rendendo possibile sognare in un luogo. Ciò poteva comportare consumare li i pasti, bere il vino, abitare; avere l’intera psiche immersa nel luogo tanto da poter capire cosa il luogo voleva, «come» cercava di esprimere se stesso.” Il luogo implica altri significati che lo rendono particolare, il luogo è fatto oltre che dalle caratteristiche fisiche anche dalla sua memoria e dalla sua anima; l’edificio dovrà stabilire un legame per ognuno di questi aspetti, dovrà, in altre parole porsi in armonia con l’ambiente naturale, con quello costruito e con l’ambiente culturale. Nell’architettura ogni cosa ha un senso. Nell’edificio scolastico ogni aspetto dell’architettura assume anche un valore educativo tramite un linguaggio che parla all’individuo coinvolgendo tutti i sensi e l’intelletto.

Michele Piccini
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