Cambiare  la scuola si può
						    “Chi  ascolta dimentica, chi  vede ricorda, chi fa  impara”
					        
						    
						     
						    NUCLEI FONDANTI IL LABORATORIO  
                            Edoardo Martinelli 
 
                            Laboratorio di Ischia e Lamezia Terme 
						     
						    Premessa
						    Il tempo che viviamo non solo in Italia, ma in tutto l’occidente, così  pieno di catastrofismi e privo di valori, ci fa vivere nella incertezza del  futuro. Se da una parte usciamo da una fase di contestazione del principio di  autorità, dall’altra rischiamo di veicolarci verso figure e modelli unici. Non  solo nel mondo della scuola, ma anche della politica e della socialità. La  figura unica come si riproporrebbe nella scuola primaria italiana o le troppe  figure che troviamo nella scuola degli adolescenti sono la doppia faccia della  stessa medaglia. Una contraddizione che si lega più a logiche di risparmio e clientelari  che alle esigenze espresse considerando le fasce d’età e i bisogni veri degli  alunni.
						      Ci sono i bisogni, ma anche i desideri. Il passaggio, da ciò che la  realtà ci predispone, o ci rifiuta, e il progetto di vita, è determinato anche  dalle frustrazioni. Un percorso a cui i giovani non vengono più preparati,  anche perché non li educhiamo più ad esprimere i propri sentimenti. Una logica  diametralmente opposta a quella di Lorenzo Milani, per il quale l’unico compito  certo dell’educatore era quello di: “Turbare l’animo”. E nonostante il clima  infuocato del dopoguerra in una lettera del 26 aprile del ’56 scrive a una  ragazza che sta per prendere come marito un suo giovane parrocchiano, diventato  medico,  le seguenti parole, che coccolano, ma rigenerano anche: “…T’accorgerai che  il mondo è malmesso. Dio l’aveva creato preciso, aveva fatto gli uomini tutti  poveri e tutti ignoranti. Gli uomini invece, non si sa come, si sono accordati  per tirar su qualche decina di persone molto ricche e molto istruite e lasciar  tutti gli altri come Dio li aveva creati. 
  Da questa violazione dell’ordine naturale sono nati infiniti mali che  non starò qui ad elencarli perché immagino che tu ne possegga già un chiaro  concetto.
  Vedrai poi dalla finestra della tua casa, che in questo mondo infelice  ricchezza e istruzione viaggiano sempre a braccetto. Chi è più istruito  guadagna più quattrini. Chi ha più quattrini fa più studiare i suoi figlioli. E  via di seguito in un circolo chiuso.
  I signori ti diranno che non è vero e che un contadino guadagna più di  un professore. Ma tu non li credere. Rispondi loro: ‘Se è così andate a fare i  contadini ’ ”.
						      E’ indubbio che il nostro Maestro, nel riflettere ironicamente sulla  natura umana, distingue bene gli attributi creati in partenza da Dio da quelli inventati  successivamente dagli uomini, in modo cosciente e determinato. E’ convinto che le  potenzialità degli analfabeti, siano le stesse degli uomini che possiedono  l’istruzione. La nostra memoria collettiva, secondo il giovane prete, è meno  sottoposta ad errori. Non basta alla sopravvivenza ciò che è stato il prodotto di  un’evoluzione biologica milionaria, vedi l’estinzione del Neanderthal, la  cui finalità era in primo luogo l’adattamento e la sopravvivenza del corpo, ma  non dell’anima e dello spirito. E’ indubbio, per lui, che sia l’ambiente sociale  e culturale, in cui viviamo, a fare la differenza. 
						      La scuola non può prescindere da questa considerazione: “E’ importante  creare l’ambiente giusto per crescere!” Ecco perché la relazione, maestro e  allievo, e la realtà, il territorio in ciò che esprime e abbisogna, sono nuclei  portanti della Pedagogia di Lorenzo Milani. Il quale all’allievo dirà: “Se  la vita ti ha insegnato cose che io ignoro perché non me le insegni? So bene  che molti aspetti della vita moderna mi possono sfuggire, ma questa è colpa  anche tua, informami meglio. Tu potresti aiutare me ad avvicinarmi, a fare una  scuola più "aderente alla realtà". La realtà è la strada maestra  dell’apprendimento-insegnamento.
						      Percezione matura, linguaggio e razionalità caratterizzano la nostra  dimensione collettiva, ossia sociale e interattiva! E’ quindi soltanto collettivamente  che costruiamo il linguaggio e la scienza. Vivere non è un problema di sola sopravvivenza  fisica, ma di piacere. 
						      Il piacere di comprendere e comunicare. 
						      Di imparare insieme.
						      Di amare.
						      Una vera relazione va oltre la sospensione del giudizio! Il suo  presupposto è l’inclusione e il riconoscimento. Stare con gli altri è già  terapia, è già apprendimento.
						      Torniamo al giudizio perché incapaci di costruire una vera relazione?
						      Forse è proprio qui la soluzione dei nostri problemi educativi!  Purtroppo nella nostra scuola non si educa più alle abilità sociali, ma  soltanto alle discipline. 
						    Pedagogia dell’aderenza 
						    Ecco perché il nostro Laboratorio lo abbiamo così definito: “Dall’intuizione  alla sistematizzazione: nuclei fondativi della pedagogia di Lorenzo Milani”. Una ricerca obiettiva che vuole andare al di là dei contributi e delle visioni  di parte. Che vuole liberare finalmente il nostro Priore e il suo mondo dalle  tante incomprensioni e mistificazioni. Una esperienza, la nostra, che vuole individuare,  semplicemente, le istanze di una buona pratica d’insegnamento. 
						      Abbiamo cercato nell’interpretazione del nostro metodo di introdurre alcuni  contributi, provenienti sia dalla neuro-biologia che dallo strutturalismo.  Sono secondo noi quegli elementi essenziali  che hanno determinato il sedimento sul quale poggiano le teorie e la prassi di  ogni buon apprendimento. “Perché ricorrere sempre a una struttura logica?  Abbandoniamo la nostra abitudine al solo ragionamento razionale. Scattiamo  delle foto - immagini e organizziamole attraverso i loro rapporti”. Questo modello “ingenuo”, la tecnica umile della scrittura collettiva del mio  Maestro, è infatti esaltato anche da “L’Arte di imparare” di Alberto Oliverio.  Tale modello sviluppa l’intuizione e implica un susseguirsi dinamico, danza e  equilibrio, di rappresentazioni concettuali: le Mappe. 
						      Parola chiave: discriminare. Saper cogliere l’essenza delle  parole e quindi della vita.  Riflettere significa rallentare. Significa anche “imparare a rielaborare”.
						    Interrogativi
						     Molto spesso, quando veniamo invitati, come allievi di Lorenzo Milani, ad  incontri con operatori scolastici o sociali, ci viene rivolta la domanda su  come si svolgeva la programmazione didattica e come o quando avveniva la verifica all’interno del nostro gruppo classe. Valutazione tradizionale,  intesa come verifica delle conoscenze trasmesse, o valutazione autentica,  intesa come capacità di ragionare e risolvere problemi in situazioni concrete? Per  capire meglio: “ Quali diversità di giudizio tra gli esami della scuola di  stato e i viaggi verifica, fatti  all’estero, dai ragazzi della  scuola di Barbiana?”.
						      Questi interrogativi toccano immediatamente uno dei nuclei fondanti la  pedagogia del Priore.
						    Strategie ieri e oggi
						     Quando noi frequentavamo la sua scuola, professioni e mestieri erano  ereditati tout court. Sia nelle campagne, in vetta al monte Giovi, sia nelle  aree più industrializzate di Prato. Ciò che imparavamo a scuola era sufficiente  per affrontare le difficoltà di un’intera vita. Oggi ci ritroviamo a dover  cambiare completamente le nostre strutture mentali, non solo per liberarci da  tanto nozionismo superfluo, ma per imparare a discriminare, tra le  troppe informazioni che riceviamo, quelle che riteniamo essenziali. Quando la  mappa della realtà che costruiamo modifica la preesistente, non è così  automatica la capacità di sviluppare nuove strategie, adatte a trasformare, in  tempo reale, i nostri modi di agire. Infatti non si studia più per il domani. Si  studia per tutta la vita. Scopriamo in questo modo non solo il piacere di  imparare, ma impariamo a riflettere sul nostro modo di pensare e quindi  di studiare. 
						      Allora perché non prendere consapevolezza di una scuola che troppo  spesso genera solo l’illusione di sapere o di avere delle competenze? Perché  non fare in modo che gli errori commessi diventino motivo di riflessione? La  pianificazione didattica e l’interrogazione disciplinare dovrebbero assumere un  carattere più collegiale ed essere considerate in un ottica di  programmazione e verifica in itinere. Non per esprimere un giudizio finale  su contenuti astratti o di tipo disciplinare, ma per sviluppare strategie di  intervento atte a consolidare e a rielaborare non solo gli apprendimenti  essenziali, ma anche le abilità sociali. “Perdere tempo” a formare il proprio  gruppo classe  e a costruire insieme le  regole comuni, prima della ricerca sui saperi, è la condizione essenziale senza  la quale ogni interpretazione del metodo di don Milani risulta sterile.
  Nuclei fondanti
						      Dobbiamo intanto dire che Lorenzo Milani utilizzava l’apprendimento  cooperativo nei contesti scolastici. Senza l’altro non c’è confronto, non  c’è identità vera. L’io e il tu s’incontrano per formare il noi di  Freire. Un approccio alla conoscenza, del tipo metacognitivo. E, già sul  campo, analizzava strategie e processi.
						      Non pianificava tutto lo scibile, ma teneva presenti gli obiettivi ossia  le indicazioni per il curricolo: Apprendimenti di Base – I saperi  irrinunciabili - Pensiero riflessivo e critico -  Simbolizzazione e rappresentazione del mondo  – Sapere integrato – Cittadinanza attiva -   Attenzione alla diversità – Esplorazione e scoperta – Apprendimento  cooperativo.
						      Quindi il suo contesto educativo in partenza vuoto, perché privo di  pianificazione a monte, si riempiva di argomenti che via via si dipanavano all’interno  di una ricerca interdisciplinare e specifica, che non era solamente indotta dal  maestro, ma considerata secondo le motivazioni profonde di ogni allievo. Sia i  ragazzi che gli insegnanti avevano chiaro nella loro testa il metodo e i punti  di arrivo del curricolo, così sintetizzati nella “lettera a una professoressa”,  culmine dell’esperienza di Barbiana: “Comprendere e commentare l’articolo di  fondo di un giornale”.
						      Questo metodo, noi allievi di don Milani, continuiamo positivamente, a  sperimentarlo nei nostri laboratori di scrittura collettiva partendo dalla  lettura del giornale. Un articolo del 10 settembre aveva come titolo: “E’ il  giorno del Big Bang”. Un altro: “La particella di Dio, ossia il bosone di  Higgs”. “Sottoterra viene simulata la nascita della vita da quando tutta la  materia cosmica era contenuta nello spazio di un’arancia”. A tale proposito ci  dicono i fisici che per scoprire delle verità, hanno imparato a produrre nei  tunnel, lunghi decine di chilometri, dei potenti acceleratori, dove si  ricreano, per brevi istanti, condizioni simili a quelle dei primi periodi  successivi al Big Bang. L’universo non si è formato quindi nel tempo e nello  spazio, bensì col tempo e con lo spazio. E ancora. Se calcoliamo la velocità di  recessione di una galassia e la sua distanza dalla terra, troviamo il tempo  trascorso da Dio o dal caso? 14 miliardi di anni fa c’era Dio o il nulla?
						      Abbiamo provato a sottoporre a tali domande gli adolescenti presenti nel  laboratorio di Ischia. Quante domande generano le occasioni e gli imprevisti! Quanti  turbamenti! Nelle nostre lezioni perché non partire dalla vita reale e dagli  argomenti che più motivano gli allievi?  Per  intenderci, quelli che hanno continuità educativa, che vanno oltre l’ambiente  scolastico e che coinvolgono amici e familiari a riflettere sui segnali del  disagio o su temi determinanti per la sopravvivenza della nostra specie e del  pianeta. Il tempo che regaliamo loro è reale o virtuale? Siamo convinti di  preparare i nostri giovani al mondo globalizzato? Di dare loro gli strumenti  appropriati per liberarsi da questa solitudine interiore, subita e non voluta? 
						      Rapporto dialogico e imprevisti non sono entrati nel nostro schema  mentale di educatori. Invece, il nostro maestro, dal motivo occasionale, la motivazione o la realtà, ci conduceva dritti al nucleo forte delle  discipline.  La mappa concettuale, che insieme a noi costruiva, apriva immediatamente  finestre sul mondo. Lorenzo Milani preparava le sue lezioni, ma era anche  disponibile a rincorrere le motivazioni che noi esprimevamo, ancora in modo  confuso e non delineato. Gli elementi occasionali del nostro esistente,  riempivano subito il contenitore educativo, ossia il processo che  organizzavamo tutti i giorni insieme. Ma la regia del Maestro era sublime.  Esistevano delle vere e proprie pause comuni. Io personalmente, che venivo  dalla scuola di Stato, non ero abituato a quel silenzio improvviso, che si  determinava senza imposizione. Quelle riflessioni davano identità e creavano  cambiamenti radicali con la tradizione e il nostro passato, individuale e  collettivo.  
						      Il nostro Priore ragionava come Fellini quando diceva: “Le prime due  settimane sono io che dirigo il film, poi è il film che dirige me …”.  Questo è successo sia con la lettera ai giudici che con quella alla  professoressa! Nel primo caso è un articolo di giornale a costruire il  percorso. Nel secondo caso, è vero, una bocciatura, ma solo occasionalmente.
						      L’approccio alla cultura era di tipo globale, senza  interruzioni. La riflessione era continua, a esaurimento, anche attorno alla  buona tavola. Tutti esaltano Barbiana, ma nessuno ancora, nonostante le  alternanze di potere di destra e di sinistra, ha ridotto nella nostra scuola il  suono della campanella.
  luoghi comuni
						      Spesso quando parliamo di strategie e processi alla scuola del Priore,  gli insegnanti presenti ci dicono subito che diversi erano i tempi  dell’apprendimento. Ci chiedono nello specifico: “E il programma?”. L’educatore  antepone sempre le discipline alle strategie dell’apprendimento. Ecco che … cominciamo  a riflettere su uno dei tanti luoghi comuni che hanno impedito di comprendere  la pratica d’insegnamento di Lorenzo Milani. Nessuno a Barbiana ha avuto una  scolarizzazione che va molto oltre la scuola dell’obbligo. Andavamo a lavorare  a 15 anni di età e non perché il Priore lo volesse. Erano i tempi storici ad  imporcelo. La povertà. 
						      Se la sinistra mistifica, certa destra non sta a guardare. Non si è  capito, e ciò è imperdonabile, che l’accentuazione di certe strategie era  determinata da situazioni di emergenza. Trovo molto banali e improprie, dopo  quanto detto, le riflessioni del signor Marcello Veneziani da lui fatte sul  Foglio dello scorso settembre. “Don  Milani il maestro nascosto del cattocomunismo considerava arrivisti gli alunni  più diligenti…cominciò col buttar via i libri…quanto male hanno fatto alla  scuola le sue tirate contro la cultura, la filosofia, la pedagogia, la  letteratura, i classici e Dante, la sua idea di ridurre i libri a uno da  leggere collettivamente come in un soviet dell’ignoranza” Alcune cose che  scrive, e lo ringrazio, mi hanno fatto veramente ridere. Chi sarebbero i tanti  parolai presuntuosi che don Milani avrebbe incoraggiato? Perché il signor  Veneziani, prima parla di una scuola assembleare e poi riconduce tutto il  pensiero di quella comunità ad una persona sola? Quando il Priore parla della  cultura vera, quella che ancora non ha posseduto nessun uomo, fa riferimento a  due condizioni indispensabili per comprendere: appartenere alla massa e  possedere la parola. La sua è semplicemente coerenza di pensiero e intonazione  con la vita. Ossia, per esempio, sedere in Parlamento e vivere con orgoglio la  vita da operaio e non da nababbi, come pare succeda oggi, nei comparti di  destra come in quelli di sinistra.  Non  avevo mai letto niente di più banale e superficiale su Lorenzo e la sua scuola.  Mi piace comunque l’idea, da Veneziani espressa, di una scuola che comincia a  fare autocritica senza far sparire le carte perdenti. Vorrei essere invitato ad  un pubblico dibattito con questo signore, in qualsiasi sede e con il tempo  necessario, per demolire, riflettendo con lui, i tanti luoghi comuni della  scuola. 
						      Purtroppo per molti il modello Barbiana ha semplicemente  rappresentato improvvisazione, laboratorio povero, l’eliminazione del voto e  del registro. E’ luogo comune, per chi critica tale esperienza, affermare che  essa ha riversato nella scuola l’egualitarismo senza gratificazione. Ma siamo  sicuri che sia esso il solo colpevole e responsabile del calo di cultura nel  nostro paese? Il motivo per cui abbiamo scritto la “lettera a una  professoressa” si legherebbe esclusivamente alla bocciatura. Ipocriti! Tanti,  soprattutto a sinistra, parlano della grandezza spirituale del nostro prete  definendolo “quel gigante della Chiesa”, ma poi finiscono per considerare le  sue idee e azioni come un limite irraggiungibile, che rende di fatto  impraticabile anche il modello della sua scuola. Queste riflessioni  superficiali non hanno voluto o saputo percepire la realtà. E’ ovvio sostenere  che il Priore vedeva nella scuola di allora, verifichiamo quanto è cambiato,  uno strumento di indottrinamento e di classismo. Una scuola fallimentare in  partenza! Incapace di far nascere nell’allievo il pensiero critico e di dare quelle  competenze utili a condurre un ragionamento, dove le idee siano connesse e  coerenti: lo schema logico e la mappa concettuale.
						      Oggi il periodo di formazione è molto più lungo. Gran parte dell’apprendimento  si legava, negli anni ’60, ai nostri comportamenti acquisiti, a scuola, a casa  e nella società. Oggi pare che il 75% delle nozioni passi attraverso il  televisore o il computer. Pensare di competere con Piero Angela nella lezione frontale è pura onnipotenza. Vinceremo la nostra vera  battaglia se condurremo l’allievo a leggere da solo il libro, meglio ancora se  su una panchina di un parco. 
						      Dobbiamo educare i giovani al neo nomadismo, ci suggeriscono i francesi  con ragione,  e a considerare seriamente che  le lingue le impariamo soltanto se ci muoviamo attraverso l’Europa o il Mondo.  La scuola deve semplicemente dare le competenze di base, capaci di stimolare la  motivazione all’apprendimento della lingua straniera. Soprattutto nel tempo  libero. Le ore di scuola per tale obiettivo non basterebbero mai! E allora? 
						      Ma il tempo libero, o meglio liberato come dicevano i nostri monaci, e che  era impensabile lo avessero i giovani di montagna nel dopoguerra, è diventato  il tempo di una strana attesa. Il tempo di Godot? E’ un tempo di vera decadenza  direbbe il filosofo perché l’uomo ha perso ogni interesse per la ricerca della verità!
						      Nel mondo dei poveri era diversa la scansione del tempo, breve o lungo  che fosse. Mentre noi viviamo nel vuoto, nella noia quale assenza di valori, il  Priore di Barbiana, viveva in una totale emergenza, immerso nei bisogni  concreti di un mondo ancora contadino.  Tra il baloccarsi e lo studiare fu normale combattere in primo luogo la  descolarizzazione del Sistema. 
						    Lo scopo 
						     Stile, coerenza ed essenzialità. L’intonazione con il creato, che lui  sempre aveva cercato, anche giovanissimo nella pittura, era, nell’aula della  scuola, un modo diretto e sincero di vivere l’espressività. C’era in Lorenzo e  in quella atmosfera qualcosa di più intimo e segreto che andava a nutrire la  nostra anima. I nostri occhi non si riempivano semplicemente di immagini. Il  suo insegnamento ci rassicurava. Ci proteggeva dalle invadenze dei tanti  padroni. Più istruiti e più forti. Ci faceva individuare pericoli interiori, ancora  più deleteri di quelli esterni. Era questo il senso religioso che ci faceva  condividere. Era qualcosa di estremamente vicino alla fede e all’amore. 
						      Dante, ma anche il contratto dei metalmeccanici!
						    Il nostro laboratorio
						    
                              E’ indubbio che in questo passaggio, che abbiamo ormai fatto, da una  società prevalentemente statica ad una società in continua trasformazione, è  importante modificare il nostro modo di apprendere. Se consideriamo che di  tutto il nozionismo imparato a scuola ricordiamo soltanto il 10%, comprendiamo che le energie investite nello studio sono sproporzionate rispetto alla resa. Ecco perché discriminare e ridurre in pochi fogli  elettronici l’intera Storia, partendo da contenitori “vuoti o semi-vuoti” è più importante che pianificare subito l’intera disciplina. Questa è la sfida che  affrontiamo nel nostro laboratorio: individuare le mappe concettuali  esperte che guidano le attività di consolidamento, che stimolano la riflessione e la partecipazione attiva.
                                Allora diventa spontaneo accantonare il semplice nozionismo, la lezione  frontale, per valorizzare la concettualizzazione dei problemi. In modo  sistematico. La nostra società investe molto tempo, forse troppo, per la  scolarizzazione, ma la qualità è sempre più scadente.  
						      Imparare a imparare 
						       Abbiamo sviluppato poche strategie metacognitive per  imparare a imparare. Per comprendere come percepiamo la realtà. Ma soprattutto  non educhiamo i nostri ragazzi a governare i loro processi mentali. Le nostre  abilità a Barbiana erano controllate in situazione di mondo reale. Pensate solo  alle grandi scritture collettive. Alle ricerche che conducevano l’allievo  all’interno delle biblioteche e degli archivi di Stato. Come altrimenti sarebbe  stato raccolto il materiale di supporto all’autodifesa del nostro Maestro? Il  quale era un buon prete e un buon insegnante, ma certamente non era uno storico  esperto! Nella nostra comunità non risolvevamo problemi preconfezionati o di  routine. La disciplina la costruivamo insieme. I tipici testi scolastici, se  soli, sono senza contesto e senza quella verifica al vaglio della vita che  pretendevamo nelle nostre richieste scritte nella Lettera a una professoressa,  quando muovevamo l’accusa principale: “Scuola, vivi fine a te stessa”.
						      Imparare a imparare
						       Secondo le teorie della neuro-biologia la nostra mente sarebbe capace di  rappresentare la realtà in modo analogico, senza dover  sempre far conto di una griglia logica. Spesso sostituiamo il ragionamento  razionale con la raffigurazione. I modelli mentali che costruiamo, solo  parzialmente riescono a rappresentare la realtà. Ecco perché, nell’apprendimento,  dovrebbero giocare un ruolo importante sia il dubbio che la  predisposizione mentale al cambiamento. Strutturalismo e ricerca scientifica  sono andati quindi di pari passo, pur partendo da angolazioni  diverse, perché, entrambe, dentro il contesto che vive l’allievo.
						      Piaget
						      Equilibrazione, assimilazione, e accomodamento, secondo Piaget, si alternano alla ricerca di un equilibrio capace di  consentire l’adattamento al proprio ambiente sociale e fisico. Quando una nuova  informazione non risulta interpretabile, in base agli schemi esistenti, il  bambino cerca di trovare un nuovo equilibrio. Modifica così i propri schemi  mentali. Incorpora e accetta le nuove conoscenze. 
                                  curiosità
						        Queste tre fasi determinano lo sviluppo cognitivo, ossia l’evolversi  della struttura mentale dell’allievo nell’arco della sua intera esistenza.  Altrimenti la nostra vita sarebbe ripetitiva, monotona e senza alcuna  trasformazione. In questi tre ambiti la curiosità agisce in un ruolo  fondamentale. E’ quel desiderio innato che ci spinge a comprendere le diverse  situazioni.
						        La curiosità, insieme alla fame e alla sete, è una motivazione primaria dell’uomo. Se la perdiamo moriamo psichicamente, ossia moriamo davvero! 
						        creatività
						        Nessun animale, da quello più semplice, che possiede 100 mila cellule  nervose, a quello più complesso, l’uomo, che ne possiede 100 miliardi,  risponde agli stimoli che si susseguono con  monotonia nel tempo. La creatività si lega ad aspetti di dinamicità.  Questo concetto ancor di più vale nell’apprendimento. Considerando che esso  coinvolge diverse competenze cerebrali e fasce d’età. Con l’età cambiano i  nostri punti di vista, la nostra visione del mondo, e la capacità di mettere a  confronto esperienze e idee. 
						        crescita
						        Crescere quindi significa, in primo luogo, passare attraverso la  concretezza della vita. La quale ci porta ad accelerare o ritardare  l’apprendimento. Ci porta a osservare il mondo da più angolazioni. Ci fa creare  le dovute connessioni tra la nostra mente e l’ambiente che ci circonda. Ci  stimola a produrre adeguate reti sociali e cognitive. La motivazione alla  crescita l’adolescente la individua quando passa dai bisogni minimi di  carenza, autostima e affetti, a quelli che gli consentono di realizzarsi.  Non si passa ai livelli più alti se non abbiamo ancora soddisfatto i bisogni  primari. Ecco l’importanza della relazione e del coinvolgimento emotivo.  
						        Tendere come educatore alla relazione concreta non significa porsi a  modello unico o prevalente. Certo diciamolo alla scuola secondaria le figure di  riferimento sono troppe. A tale proposito avrebbe senso far ruotare gli  insegnanti su più materie invece che su più classi. 
						        Sempre più assurdo troviamo l’apprendimento che si basa soltanto su  tentativi ed errori. Che il condizionamento sia reciproco lo insegna la vita  quotidiana, ma quando passiamo dall’apprendimento all’utilizzo di  quanto abbiamo imparato significa che siamo motivati. Solo allora i nostri  sensi sono completamente attenti e capaci di collegare singoli elementi a  strutture più complesse. E in questo ambito non basta generalizzare, ma diventa  importante l’utilizzo di quanto abbiamo appreso a scuola in uno  specifico campo applicativo.
						        Imparare significa lasciare una memoria, è importante narrare ciò che  abbiamo fatto, più importante ancora è farlo insieme:  la scrittura collettiva.
						      educazione alla legalità
						       Ecco che in questo senso la scuola dovrebbe favorire nell’allievo un atteggiamento  critico, la capacità di formulare ipotesi e vedere la “verità” come  un qualcosa che può mutare nel corso della storia. Se al momento gli imprevisti  non esistono dobbiamo simularli, attraverso variabili imprevedibili, non nella  logica del trabocchetto, altrimenti la competenza espressa è pura illusione.
						        Praticare la  democrazia, invece del predicarla dai pulpiti, consentirebbe l’emarginazione di  fatto delle tante mafie presenti nel nostro paese e nel mondo. L’ordine si  conquista e si costruisce nella scuola e nella società. Quando diventa un obbligo  e sopraffazione, da valore si trasforma in disvalore. Da proposta in  imposizione. Per questo è importante passare molto tempo a discutere e trovare  regole condivise.