Cambiare la scuola si può

Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara

Gianfranco Zavalloni Saluta così!

 

INTERVENTO DI GIORGIO FERRONI AL CONVEGNO DEL 29 MAGGIO 2010
TEATRO GIOTTO - VICCHIO

Presentazione

Mi chiamo Giorgio Ferroni, quand’ero ancora abbastanza piccolo, alle elementari, ho avuto i primi incontri, fatto le prime esperienze dure con il potere, l’ingiustizia,  la violenza a partire dal mio/nostro maestro.
Era, credeva di essere, un montessoriano, aveva dedicato la sua vita ai ‘suoi’ bambini, a noi. Eravamo la sezione ‘A’, la migliore della scuola… ci teneva con pugno di ferro, fisicamente e moralmente.
Per non farci sentire diversi il maestro ci aveva divisi in tre gruppi a seconda del livello di rendimento scolastico: nel primo gruppo c’erano i più studiosi, la crema della classe, nel secondo quelli così così, nel terzo la fetenzìa, quelli che alcune ore alla settimana, a seconda della necessità, si trasferivano nella classe differenziale. Faceva tre tipi di interrogazioni diverse, e ci assegnava tre differenti compiti in classe, di difficoltà crescente. Si comportava in questo modo  perché nessuno si sentisse inferiore.
Mario, il mio amico più antico, ci vogliamo bene da 46 anni perché siamo rimasti dalla stessa parte della storia, e io eravamo le eccezioni del primo gruppo.
Per educarci alle difficoltà che avremmo incontrato nella vita usava abitualmente le punizioni corporali. Non ne conosceva poi moltissime, ma le praticava con metodo e, va detto, con una certa dose di creatività.
L’anno in cui è morto don Lorenzo Milani io ero in 5ª elementare, parlavo tanto, è vero, disturbavo, ma mi sentivo solo… avevo bisogno di parlare, di comunicare quello che avevo dentro. Capì al volo la situazione: mi mise con il banco dietro alla lavagna, da solo, per tutta la quinta elementare.
All’esame di licenza, dopo nove mesi, mi fece uscire all’aria e alla luce, mettendomi nel banco di un compagno del terzo gruppo, per aiutarlo nella prova. Il maestro era un cristiano e un pacifista, credeva nella solidarietà tra le classi sociali.
Gli devo molto, suo malgrado. E’ stato il primo che mi ha insegnato a odiare il potere, a indagare quanto d’irrazionalità e di sopruso c’è in ogni potere. E a combatterlo. Mi ha insegnato a mettere orecchio ai mormorii prima che alle urla degli esclusi. Dovunque.
Sono riuscito a resistere - sono un salvato, altri miei compagni, sono andati sotto, sono dei sommersi - e allora ho deciso che da grande non avrei voluto lavorare con le cose,gli oggetti, ma con le persone.
Faccio il formatore non sono un formatore puro, ma specializzato, avendo scelto di lavorare, per scelta politica:

  1. Esclusivamente in campo sociale, con una focalizzazione particolare in contesti socioculturali di rilevante degrado e presenza di criminalità organizzata.
  2. Solo nella fascia del disagio, direttamente - con ragazze e ragazzi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado - e con il secondo livello: associazioni, educatori di cooperative sociali, insegnanti, all’Università e con adulti in generale.
  3. Intorno ad alcuni saperi specifici, su alcune tematiche specifiche, pedagogia della differenza/diversità, elaborazione e gestione cooperativa del conflitto, educazione alla mondialità   
  4. Attraverso strumenti e metodologie particolari, comunicazione e  pedagogia della decostruzione, pedagogia narrativa, strategie di cittadinanza e tecniche di progettualità partecipata.

Faccio il supervisore di educatori professionali, insegnanti di specifici consigli di classe, operatori che lavorano nel disagio sociale.
Faccio il tecnico di cooperazione internazionale, con una ONG di natura sindacale, Progetto Sviluppo Liguria, in particolare, ma non esclusivamente, in campo educativo, con esperienza specifica nell’area latinoamericana e in Paesi ex-conflittivi.
Il mio campo d’azione quindi è il conflitto: non sono un teorico puro, provo a lavorare anche in situazioni dove il conflitto sociale esplode nelle forme più devastanti.

Impostazione metodologica

L’ottica che proverò a utilizzare è quella della psicologia sociale.
Mafalda: il fatto è che a questo mondo ci sono più problemologi che soluzionologi.
Viviamo un tempo in cui la storia sta avendo un’accelerazione esponenziale e, in questo senso, un’epoca tanto potenzialmente tragica quando feconda di opportunità.

Analisi globale

    1. Tramonto del predominio culturale - politico - economico - militare dell’Occidente, solo nello spazio dell’ultima generazione la geopolitica globale passata dal bipolarismo, all’unipolarismo e si sta avviando verso multiporalismo.
    2. Crisi ambientale, riscaldamento climatico - scenario medio dell’IPCC tra sfigologi e disneyani - +2°C certi entro il 2.100 anche se anche smettessimo di usare oggi stesso ogni combustibile fossile - se non invertiamo radicalmente la rotta il più probabile è +4°C - 30 anni di tempo prima che partano processi irreversibili [scioglimento dei ghiacci / scurimento del pianeta - scioglimento del permafrost / liberazione del metano congelato.
    3. Squilibrio socioeconomico tra Nord e Sud, il 13.62% delle popolazione mondiale vive con meno di 1% al ghiorno - quasi la metà con 2$ al massimo - 3 persone più ricche = PIL dei 43 paesi più poveri · 226 più ricchi = 48% della popolazione mondiale - 1.020 milioni di affamati in un pianeta che potrebbe dar da mangiare a 25 miliardi di persone.
    4. Solo da pochi decenni siamo immersi / stiamo vivendo - dopo quella neolitica e industriale - la rivoluzione digitale, la terza della specie umana - le ultime due sono separate da solo 200 anni - dall’interno di un momento rivoluzionario è difficile / impossibile? coglierne - cognitivamente e affettivamente - le complesse implicazioni e meno che mai fare delle previsioni. 

Tecnologicamente competenti e culturalmente attivi, i ragazzi e i giovani sono le vittime predestinate di questi cambiamenti globali - tendenzialmente deprivati di molte chance di accesso alle risorse costitutive per le loro identità reali e materiali:

    1. L’esaurimento della forza educativa della famiglia, trasformatasi dal secondo dopoguerra in avanti da istituzione normativa a struttura sociale prevalentemente / esclusivamente affettiva.
    2. Il passaggio al giro di boa degli anni ’70 da una società della disciplina [giusto / ingiusto · obbedienza] a - dagli anni ’80 in avanti - una società del piacere [possibile / impossibile -   iniziativa - individualismo utilitaristico - tutto e subito - soluzioni dualistiche].
    3. Contemporaneamente e in conflitto con questo cambiamento, la precarizzazione del mercato del lavoro: questa è la prima generazione - almeno dalla modernità in poi - che si aspetta che i propri figli dovranno lottare di più per ottenere materialmente e spiritualmente di meno.
    4. Di conseguenza il cambiamento della percezione del futuro da promessa a minaccia [Z.Bauman].

l’allontanamento dell’attenzione dalla e della politica come luogo di confronto, elaborazione e costruzione del futuro.

I fondamenti dei processi educativi

Ogni processo educativo, in generale, è portatore - consapevolmente o meno - di una visione del mondo, e si esprime su tre piani intimamente correlati e interdipendenti: la relazione, il metodo e i contenuti. In questo senso risulta normalmente inutile - di solito controproducente - agire su uno solo degli aspetti trascurando gli altri.

I contenuti

In  occidente e in Italia in particolare siamo scivolati progressivamente verso forme di dittatura soft · il totalitarismo postmoderno non occupa territori, non costringe corpi " invade le menti, crea simboli, modella i desideri, induce comportamenti, fa un copia-incolla interi progetti di vita.
L'Italia nel 2009 è stata classificata al 73° posto per libertà di stampa su 195 paesi del mondo da Freedom House [fondata da Eleanor Roosevelt] · è l’unica nazione europea occidentale - insieme a Israele - in cui l'informazione è semilibera · se vogliamo avere notizie su quanto accade in Italia occorre rivolgerci sempre più alla stampa e ai siti esteri.
L’87% delle donne e degli uomini italiani riceve informazioni sul suo Paese e sul mondo unicamente dalla televisione.

  1. manifestazione del 21 marzo 2009 a Napoli contro la camorra [Paìs]
  2. primo respingimento in mare " 6 maggio 2009 · guardacoste Bovienzo. [Paris Match].

In tempi di crisi acuta si torna alle dimensioni primarie, si va all’essenziale, ci si concentra sui fondamenti. Parafrasando Lucio, della scuola di Barbiana - che aveva 36 mucche nella stalla - persino…
La crisi della democrazia formale e sostanziale, la raffinatezza e la pervasività dei meccanismi di manipolazione del consenso di massa fanno sì che oggi porsi come soggetto educativo significa innanzitutto moltiplicare i punti i vista, offrire dati, informazioni, fatti e scenari imprevisti, dissimulati, originali, scientificamente fondati.
Nel 1961, Hannah Arendt seguì a Gerusalemme, per il The New Yorker, il processo Eichmann ∙ Eichmann in Jerusalem. A report on the banality of evilLa banalità del male · "II guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali" Eichmann rappresenta l'emblema di un male banale ∙ qualcosa che si diffonde con molta facilità, semplicemente in virtù della superficialità e del conformismo.
C’è poi un bene ingenuo e cieco, di un bene imbecille e infermo che ha il pericoloso difetto di non saper fiutare il pericolo ∙ è molto rischioso continuare a parlare di integrazione, di convivenza in Europa solamente a livello retorico senza voler vedere i meccanismi della disintegrazione ∙ la maggior parte della gente preferisce negare gli eventi o anche rifugiarsi in schemi esplicativi falsi ma molto comodi che si basano sulle categorie classiche vittima-aguzzino, colpevole-innocente.
La stessa Arendt nel suo libro sul totalitarismo ricorda che la "normalità del mondo normale" è la più efficiente protezione contro la scoperta dei crimini di massa. La ragione per cui i regimi dittatoriali o totalitari possono spingersi così oltre, infatti, è che la gente "indulge nella pia speranza che non sia vero e rifugge dalla realtà davanti alla follia pura e semplice" La gente "normale" ha una resistenza fortissima ad ammettere il mostruoso e questa riluttanza può arrivare fino alla colpevole cecità di fronte alle guerre e ai crimini di massa che costellano íl nostro tempo.
Che ci fosse un rapporto tra la violenza e il predominio dello scambio economico su quello umano emerge per altro già dall'esperienza dei campi di sterminio nazista. Tanto i campi di concentramento che i campi di sterminio, come ha notato Bettelheim, sono stati un'applicazione estrema dell'idea di lavoro come mera utilità ∙ tutto, dal lavoratore alla sua personalità, alle sue componenti organiche erano considerate merci e valutate e scambiate solamente in riferimento alla loro utilizzabilità come bene di consumo o di scambio ∙ non solo i campi di concentramento erano amministrati secondo una logica di tipo aziendale industriale, legata alla produzione di massa, ma Auschwitz è stato tra l'altro un centro economico e di produzione dove operavano a stretto contratto alcune tra le più grandi industrie della Germania: Krupp - Siemens - Union - Deutsche Ausrustungswerke - il gigante chimico IG Farbenindustrie - perfino il colosso americano Ibm non si fece tanti problemi nel commerciare con il paese nemico e anzi ebbe un ruolo cruciale nell'organizzazione dell'Olocausto.
La critica alla banalità del male rivolta da Hannah Arendt ai cittadini dei regimi totalitari sia aggiornata alla critica della banalità economica del male dei cittadini delle liberal-democrazie di massa contemporanee, che la critica all'ottusità burocratica sia aggiornata alla critica dell'ottusità consumistica.

Aprire domande, inquietudini, avviare ricerca, piuttosto che fornire risposte. Rovesciare la visuale dell’educazione trasmissione verticale, depositaria di un sapere, che - proprio in quanto tale - perpetua gli stessi meccanismi di violenza e imposizione tipici dello sfruttamento Nord-Sud.
Alla luce di ciò la metodologia seguita non può che percorrere un itinerario di problematizzazione e di ricerca comune, piuttosto che una trasmissione verticale e manipolante di contenuti, secondo un modello educativo tipico - vedere · giudicare · agire - che parta, appercettivamente, dal vissuto particolare per cogliere i nessi generali, in modo da prendere progressivamente coscienza della complessità e della totale interrelazionalità dei fenomeni e delle situazioni.
Il ribaltamento dello schema verticale consueto docente-discente fa sì che l’esperienza educativa sia reciproca e circolare: parafrasando Freire, nessuno educa nessuno, ciascuno educa a partire dall’altro, perlustrando itinerari critici e problematizzanti che sfuggano alle tentazioni estreme dell’educazione autoritaria o dell’autoeducazione priva di riferimenti e orientamenti di fondo.

Per realizzare tali finalità vengono utilizzate alcune strategie pedagogiche preferenziali, che costituiscono lo sfondo metodologico (e quindi innanzitutto valoriale) di un’educazione intesa come percorso e processo, piuttosto che come prodotto acquisito e posseduto (sia pure di contenuti ‘alti’):

  1. una pedagogia della decostruzione, dello smontaggio critico dei materiali proposti o emersi dal confronto in aula, dello smascheramento di falsi assunti percepiti come obiettivi e scontati, di generalizzazioni, stereotipi, idee mitiche e pregiudizi di comune accezione;
  2. una pedagogia narrativa e dell’ascolto, che recuperi - attraverso il tempo lento del raccontarsi e del raccontare - la voce e le voci occultate dal fracasso, dall’agitazione, dal disordine di stili di vita vorticosi e alla ricerca di scopi e finalità oramai non più pregiudizialmente dati;
  3. una pedagogia dei gesti, dell’agire comunicativo, della globalità dei linguaggi, dove il pensiero logico, il ragionamento intellettuale è solo una delle forme del dialogo tra le persone, dialetticamente correlata alle altre espressioni comunicative tipiche di ogni cultura quali la poesia, le immagini, la musica, le espressioni corporee...;
  4. l’analisi critica dei fenomeni, il perlustrare - da nomadi - i grandi racconti dell’umanità, come anche le storie e le biografie personali, e l’ampliare le possibilità ricettive e dialettiche dell’individuo, sono in fondo percorso privilegiato verso una pedagogia della resistenza all’omologazione all’unica cultura dominante a livello planetario e, soprattutto, resistenza attiva verso l’elaborazione di possibilità di pensiero, azione e relazione realmente alternativi, in quanto indagati e sperimentati autonomamente e originalmente dall’individuo e dal gruppo.
    Nella percezione individuale e collettiva molti fenomeni nuovi della storia dell’umanità sono stati  colti come dis-astri · scarsa capacità che abbiamo noi umani nell’accogliere ciò che non è facilmente classificabile · come la cometa, che al suo primo apparire suscitava paure e angosce primordiali, una non-stella che avrebbe colpito e distrutto il nostro pianeta.
    Ci sono ancora insegnanti ed educatori - più o meno consapevoli della loro inadeguatezza o della loro paura o pigrizia culturale - che con il computer e la rete non sanno o non vogliono avere a che fare [se non ti piace vai a vivere a Disneyland...] - a loro non abbiamo nulla da dire.
    Gli insegnanti / la scuola può manifestare - più o meno esplicitamente - la paura di perdere il controllo il monopolio della cultura nei contenuti se non nei metodi [Z.Bauman].
 

La maggioranza dei compagni che ho trovato a Firenze non legge mai il giornale. […] Non vogliono saperne di politica. […] Tre sono fascisti dichiarati. Ventotto apolitici più 3 fascisti eguale 31 fascisti.
Scuola di Barbiana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…la scuola [dei contenuti] sarà sempre meglio della merda.
 Lucio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In conclusione la mamma di Pierino non è ne belva né innocente. Ma sommando migliaia di piccoli egoismi come il suo si fa l’egoismo grande di una classe che vuol per sé la parte del leone.       
Scuola di Barbiana

 

 

 

Il dominio di gente trista è dovuto unicamente alla viltà di chi si lascia soggiogare.             
Plotino

 

 

Se si guarda alla lunga storia dell’umanità si constata che i peggiori delitti sono scaturiti più dall’obbedienza che dalla ribellione. 
P.Snow

 


Vivere con le domande, non con le risposte, potrebbe già essere sovversivo.                    P.Bichsel

“‘Preparare per la vita’, compito perenne e invariabile di ogni educazione, deve significare per prima cosa coltivare la capacità di convivere giorno per giorno e pacificamente con l’incertezza e l’ambivalenza, con una pluralità di punti di vista e con l’assenza di autorità infallibili e attendibili; deve significare inculcare la tolleranza della differenza e la volontà di rispettare il diritto a essere differenti; deve significare il rafforzamento delle facoltà di critica e autocritica e del coraggio necessario per assumersi le responsabilità delle proprie scelte e delle relative conseguenze; deve significare l’addestramento alla capacità di ‘cambiare i contesti’ e di resistere alla tentazione di rifuggire la libertà, con l’ansia dell’indecisione che questa si porta dietro assieme alle gioie del nuovo e dell’inesplorato.”        
Z.Bauman

 

E' stata l’apertura dell’autostrada dell’informazione a dimostrare, retrospettivamente, fino a che punto l’autorità sbandierata e ancor più quella autentica degli insegnanti si poggiasse sul loro controllo esclusivo, e collettivamente esercitato, delle fonti della conoscenza e sul presidio, non aggirabile, di tutte le strade che conducevano a tali fonti. Essa ha anche mostrato fino a che punto quell’autorità dipendesse dal diritto non condiviso degli insegnanti di plasmare la «logica dello studio», la sequenza temporale in cui i vari frammenti di sapere possono e devono essere ingeriti e digeriti.
Z.Bauman

La relazione

Ma oltre ai contenuti e più ancora che nei metodi ogni esperienza educativa trova la sua più alta potenzialità espressiva e generativa nella relazione, a partire da quella tra docente e discente, ma giocata nella sua forma più alta e politicamente pregnante del gruppo di ricerca, elaborazione e apprendimento, dove l’esperienza educativa si connota proprio in quanto evento esistenziale, piuttosto che una semplice acquisizione di dati e contenuti svincolati dal vissuto e dalla partecipazione del singolo.
La scelta metodologica di fondo basata su una condivisione dei saperi e delle esperienze piuttosto che su una concezione verticale e depositaria di contenuti da parte di un esperto nei confronti di chi dovrebbe fare prevalentemente da contenitore: è il gruppo - in quanto insieme di soggetti e di relazioni - a sperimentare direttamente quelle dinamiche tipiche nei rapporti di potere fra Nord e Sud del mondo, tra garantiti ed esclusi.
Ogni piccolo gruppo - al di là della sua maggiore o minore coesione e integrazione - manifesta un’ampia gamma di meccanismi relazionali (in merito, per esempio, a identità/differenza, inclusione/esclusione, leadership, pressione di conformità, conflitto, ecc.) che, per quanto riferiti a un contesto di modeste dimensioni, riproducono gli stessi meccanismi in atto a livello globale, e possono dimostrare direttamente, in forma esperienziale, quanto potrebbe essere esposto (abbassando fortemente il profilo didattico e l’impatto a livello di apprendimento) attraverso una lezione frontale tradizionale.  

 

Verso un educatore integrale

L’educatore… una persona adulta consapevole delle proprie competenze cognitive e affettive, testimone della speranza e della possibilità di costruire il futuro individuale e di specie, soggetto e modello di partecipazione diretta e cittadinanza attiva, artigiano e maestro di tensione verso la bellezza.

…non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola.

L.Milani

L'educatore come modellodi competenza
e capacità di gestione di relazioni e conflitti

Delle molte variabili che influenzano il successo di un’esperienza educativa o anche solo didattica la più significativa è certamente provato sia quella dell’insegnante / educatore.
Quello che viene definito in generale come un rovesciamento - avvenuto - in non più di due generazioni dalla famiglia normativa a quella affettiva è spesso in realtà il passaggio verso un accudimento mimato in cui il figlio viene ricoperto di cibo e oggetti materiali indipendentemente dai suoi bisogni e desideri affettivi, cognitivi e materiali, spesso per dissimulare il senso di colpa e la vergogna di non prendersene cura.
Alla carenza o assenza di genitorialità da parte delle famiglie corrisponde più in  generale la difficoltà degli insegnanti e degli adulti in genere di autopercepirsi - e talvolta o spesso essere - degli educatori.
Tra il tecnico esperto della sua materia e il professore amicone che confonde le proprie sofferenze e bisogni con quelli di chi vuole aiutare trasformando l’altro in uno strumento per la soluzione dei propri problemi - il mancato rispetto dei confini è una delle cause più gravi di sofferenza mentale - chi lavora con i giovani è un educatore " adulti ·  responsabili · lavoriamo sul cambiamento integrale delle persone.
Ascoltare · toccare ·  stabilire relazioni significative mantenendo nello stesso tempo la distanza educativa sorvegliando costantemente i due rischi di ogni educatore, la collusione [in cui la distanza educativa viene annullata] e l’abuso [dove l’educatore usa il soggetto per elaborare i suoi nodi irrisolti].
Solo adulti dalla personalità integrata ed equilibrata in ogni sua componente possono stabilire una relazione educativa.

In sette anni di scuola popolare non ho mai giudicato che ci fosse bisogno di farci anche dottrina.
E neanche mi son preoccupato di far discorsi particolarmente pii o edificanti. Ho badato solo a non dir stupidaggini, a non lasciarle dire e a non perder tempo. Poi ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei voluto che diventassero loro.            
L.Milani

 

L'educatore come testimone della speranza
e modello di partecipazione e cittadinanza attiva

Sento che oggi uno dei compiti fondamentali di un educatrice/ore - quale che sia il suo ruolo o l’ambiente in cui agisce - è trasformare in ogni suo gesto, prima e più che in ogni parola il futuro da minaccia a sfida.
D’altra parte l’età dell’incertezza rende prioritario il compito di ri/costruire personalità forti, integrare sicurezze interiori, orientare le persone verso un controllo di campo interno, educando gli individui a sentire - in modo equilibrato - di poter determinare in buona parte la propria esistenza.
Solo identità forti possono aprirsi all’alterità, al diverso, al totalmente altro senza pensare e temere di perdere pezzi di sé.
 

In tutto l’Occidente e in Italia in modo brutale ed esplicito la crisi dello stato sociale e il crescere di forme di autoritarismo ‘dal volto umano’ stanno riducendo drasticamente le risorse alla scuola e ai soggetti educativi e sociali in generale. Salvo rare eccezioni quando parlo con dirigenti scolastici mi trovo ads accogliere lo sfogo di piccoli imprenditori di aziende in crisi, quasi mai il discorso viene portato sul piano delle analisi pedagogiche o delle strategie didattiche.
Come il dottor Siegfried Iseman di Spoon River c’è la possibilità reale e ormai conclamata di essere presi per fame e ridursi - quanti lo stanno già facendo? - a fabbricare l'Elisir di Giovinezza, a vendere fumo, a confondere e sostituire i mezzi coi fini.
Come recentemente ci ricordava Moni Ovadia, Karl Marx scriveva in una lettera alle figlie che la felicità consiste nel lottare.
Fino a quando tutti i soggetti coinvolti e travolti nella crisi della scuola - ragazzi, famiglie, insegnanti di ruolo e precari, personale ausiliario e amministrativo e dirigenti - non decideranno di deporre la rassegnazione e i particolarismi e non capiranno che è innanzitutto interesse comune e di ciascuno mettere in atto strategie collettive e tattiche originali di resistenza sarà difficile.

 

C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo. C’è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo. C’è pure chi educa senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo, ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato.   
D.Dolci


…ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.
L.Milani

 

Ci sono uomini che lottano per un giorno e sono bravi. Ci sono altri che lottano un anno, e sono più bravi. Ci sono quelli che lottano molti anni, e sono ancora più bravi. Però ci sono quelli, che lottano tutta la vita, essi sono gli imprescindibili.        
B.Brecht

 

L'educatore come artigiano
e promotore di bellezza

 

Ci sono persone che pensano, legittimamente, che l’arte - in ogni sua forma - non abbia normalmente alcun rapporto con la politica ∙ io credo che la ricerca e la costruzione della bellezza - nell'arte ∙ nella natura ∙ nelle relazioni tra le persone e i popoli - sia la meta ultima dell'esistere, dove estetica ed etica sono solo aspetti mutevoli della medesima sostanza.
La separazione tra arte, pensiero e lotta sociale è allora solo artificiale, spesso strumentale ∙ aprire delle domande e respirare la bellezza costituiscono strategie e pratiche di resistenza: fanno emergere sensibilità inedite e promuovono riflessione critica, su di sé e sul mondo. L'artista - intellettuale nella sua massima espressione - é allora (se non se ne fa servo) quanto di più pericoloso esista per il potere che, proprio per questo, lo rinchiude, lo silenzia, lo uccide.

Da sempre i dittatori e i loro strumenti armati - gli eserciti, i gruppi paramilitari, gli squadroni della morte - quando conquistano il potere si affrettano a eliminare innanzitutto studenti, intellettualiartisti. Quelle persone cioè che - per natura e professione - aprono domande e vivono di bellezza.
Pol Pot / Saloth Sar Cambogia · Khmer Rossi · tra il 1975 e il 1979 quasi 2 milioni di morti · distrutti i libri · abolite le scuole · ogni intellettuale è un nemico · chi veniva trovato con una matita o a scrivere o solo portava gli occhiali veniva ucciso.
Victor Jara madre Mapuche · cantante · musicista · cantautore · principale animatore e rappresentante del movimento musicale della Nueva Cancion Cilena · “Su, cantaci una canzoncina ora!”... e gli spezzano le dita, e gli maciullano le mani. Mentre lo torturano intona la Cancion de la Unidad Popular: allora gli tagliano la lingua e lo uccidono con 44 colpi di pistola.

La musica poi come arte dematerializzata, e quindi spirituale per eccellenza, vive solo del e nel tempo · e nelle onde: sonore e del cuore.
Il 'sistema Abreu', cioè il progetto sociale e musicale messo a punto 32 anni fa / negli anni ’70 in Venezuela da Josè Antonio Abreu 65 anni · 150 orchestre giovanili · 140 infantili · 250.000 bambini e ragazzi che hanno imparato a suonare uno strumento musicale e fanno parte di un'orchestra. Ha strappato i giovani alle bande criminali, li ha riscattati da una situazione di miseria materiale e spirituale, dando loro la forza per lottare per il proprio futuro e per quello delle persone vicine.

In questa giornata, come sempre più spesso - nei discorsi della gente, come nel dibattito pubblico - siamo prevalentemente concentrati sui mezzi · la crisi, il fallimento, la morte delle grandi narrazioni - la famiglia · la religione · la fede politica - ci ha lasciato orfani, sgomenti, impauriti ∙ i più fragili soccombono [" darwinismo sociale] mettendo la loro vita e la loro libertà negli oggetti o nelle mani di qualcuno che diventi padrone delle loro coscienze. La conseguenza tragica - che è anche causa - sta nel fatto che…
Ma il compito di un ‘giovane’ - cioè di ogni donna e ogni uomo fino a un attimo prima di morire - è quello di concentrarsi sui fini, sugli scopi reali del vivere, sui fondamenti, sapendo che nel tempo odierno siamo tutti chiamati ad abitare l’incertezza e che in fondo…

Consapevoli di quanto rischiamo di assuefarci all’orrore, per affrontare la complessità abbiamo soprattutto bisogno di bellezza - che potremmo considerare la sintesi degli scopi del vivere - di costruire armonia in noi stessi, nei nostri rapporti, con la natura e nelle relazioni significative con le altre persone.
Trasformare il futuro da minaccia a sfida vuol dire alla fine cercare - oltre lo spazio e il tempo - e diventare noi stessi come educatori oggi più che mai testimoni della bellezza, donne e uomini che aiutano altre persone a costruire o ri-costruire la propria identità, e fa questo - utilizzando qualsiasi strumento a sua disposizione - costruendo una relazione forte e aiutando a tessere relazioni forti, sapendo e sperando di cedere il passo poi, senza averne paura, rispettando il diritto dell’altro alle sue convinzioni, relazioni e scelte: solo così l’altro potrà maturare la fiducia in se stesso e nella vita senza temerla.
Ri-costruire una relazione e uno scambio continuo tra etica ed estetica,  consapevolezza e impegno, resistenza e bellezza, è il compito di ciascuna/o di noi, parte di una società fondata sulle relazioni e sui valori perché - come diceva Nietzsche - …

 

 

Chi sa volare non deve buttar via le ali per solidarietà coi pedoni, deve piuttosto insegnare a tutti il volo.                                 L.Milani

L’educazione è pericolosa. Ogni persona colta è un futuro nemico.
H.Goering

 

 

 

 

…chi non vive come pensa finirà a pensare come vive.

…é meglio sapere dove andare, non sapendo come, che sapere come, non sapendo dove.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come.
  F.Nietzsche

 

 

 

 

 

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