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Pastorali

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Esperienze Pastorali

COMUNICATO CAPPELLANI MILITARI
RISPOSTA E AUTODIFESA DI DON MILANI
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gruppo
GRUPPO STORICO DELLA LETTERA A UNA PROFESSORESSA - CENTRO RICERCA E FORMAZIONE DON LORENZO MILANI E SCUOLA DI BARBIANA - VICCHIO MUGELLO ( FI)
FONDAZIONE DON LORENZO MILANI E SCUOLA DI BARBIANA - LUNGRO - CS - CIRCOLO CULTURALE POPILIA - CS - SENTIERO NON VIOL.ENTO - CS -

ESPERIENZE PASTORALI

 

Con don Piero a Montespertoli
Con don Piero a Montespertoli

 

Per capire il senso profetico di "esperienze pastorali", bisogna tenere conto della provenienza dell'autore.
Senza esperienze religiose nell'infanzia, don Lorenzo Milani, era entrato subito in seminario, passando dall'agnosticismo più totale alla vita sacerdotale.
Il clima interno alla diocesi fiorentina, pensiamo solo a don Facibeni, a mons. Bensi e al sindaco La Pira, consentivano di non allinearsi.
Il comportamento inconsueto e il loro rigore, anche formale, gli fece accettare subito le dure regole della vita sacerdotale, esprimendo una vocazione particolare.
L'acutezza, con cui individuava le linee di tendenza, nelle mode e nella cultura, gli consentirà di godere il privilegio della preveggenza e gli farà assumere un linguaggio diverso dall'usuale.
La cartina della Palestina collocata sul muro della Chiesa, per dar valenza storica al messaggio evangelico attraverso il normale insegnamento, era molto più che la Messa in italiano.
Giudicato come rivoluzionario, nel senso tradizionale e d'incerta dottrina, il suo libro "esperienze pastorali", edito nel '58, tratta della "pastorale" del cappellano di S. Donato: la più originale e significativa esperienza religiosa di questo secolo, in Occidente.
Non è possibile, per chiunque, oggi, studi pastorale e teologia morale, prescindere da questo libro e dai metodi utilizzati. Infatti, non volendo acriticamente accettare verità precostituite, don Lorenzo Milani, imposta l'analisi conoscitiva delle cause che determinano il distacco della Chiesa istituzionale dai credenti, attraverso un metodo scientifico che produrrà le statistiche inquietanti che conosciamo.
Le sue esperienze pastorali costituiranno, per gli storici di allora, un'originalissima ricerca sociologica.

Per prevenire critiche e attacchi previsti cercò una prefazione "autorevole". Dapprima pensò a mons. Montini ma poi finì per preferire mons. Giuseppe D'Avack, arcivescovo di Camerino. lo scrive a Gianni Meucci il 12.12.56, un anno e mezzo prima che il libro venisse dato alla stampa: "... ieri ho consegnato il libro a don Bensi perché lo desse a La Pira perché La Pira ci aggiungesse una lettera di accompagnamento e lo mandasse al vescovo di Camerino per chiedergli possibilmente due righe di prefazione oppure almeno la permissione ecclesiastica per stamparlo a Camerino. ... Questa complicata manovra è quella che mi avete consigliato te e padre David e che io ho modificato solo nel senso di affidarmi a don Bensi di cui stimo molto il giudizio, l'esperienza e la conoscenza dei miei personali problemi in rapporto alla curia fiorentina."
Dopo il rumore provocato dalla stampa, nonostante il "nibil obstat" del revisore ecclesiastico, padre Reginaldo Santilli, l'imprimatur del cardinale Dalla Costa e la prefazione dell'arcivescovo di Camerino, "esperienze pastorali" sarà ritirato dal commercio, il 18 dicembre del 1958, perché dichiarato "inopportuno" con decreto del Santo Offizio.
La Civiltà cattolica, con l'articolo di padre Perego, stroncò Esperienze pastorali. La nota de "L'Osservatore Romano" motiva tale decisione dicendo che "nella concessione dell'approvazione ecclesiastica è intervenuta una serie di equivoci, ai quali è completamente estranea l'autorità diocesana" e che considerate le "severe critiche della migliore stampa cattolica" e i consensi "accordati da certa stampa comunista" conveniva ritirare il libro. L'estraneità dell'autorità diocesana, dopo che l'ortodossia del libro era stata sottoposta al vaglio di ben due vescovi e di un revisore ecclesiastico, è alquanto assurda.
I giornali e i periodici cattolici favorevoli furono numerosi: "L'Italia", "L'Avvenire d'Italia", "Il Popolo", "I1 Giornale del Mattino" "I1 focolare" di don Facibeni, "Adesso" di don Mazzolari, "Politica" di Pistelli, "La SS. Annunziata" di padre Turoldo, "Questitalia" di Dorigo, e altri ancora.
Don Lorenzo vive i suoi attimi di entusiasmo e solidarietà sacerdotale: "Dopo avermi lasciato dedicare un numero intero del suo meraviglioso giornaletto, "Il focolare", 1 giugno 1958 con recensione tutta favorevole di don Rosadoni, e dopo aver detto a uno dei suoi collaboratori che voleva recensirmi anche di suo pugno ("Padre, si comprometterà". "Si è compromesso il cardinale, posso compromettermi io", rispose col suo riso sereno e felice), è morto il giorno dopo lasciando il mio libro aperto sul tavolo di lavoro".
Con poco entusiasmo, "povere voci", e molto realismo, don Primo Mazzolari scrive invece: "Non mancheranno i lettori scandalizzati, reclutabili facilmente tra quelli che non hanno mai fatto cura di anime e tra quelli che di solito giudicano senza leggere o con le consuete pregiudiziali verso coloro che osano scrivere senza un titolo accademico. In genere, gli scritti dei parroci rurali fanno paura per la loro poco educazione nel dire le cose che vedono. Però, se qualche volta quel mondo poco commendevole della cosiddetta cultura pastorale cattolica badasse anche a queste povere voci, forse il problema della "cura d'anime nel mondo moderno" avrebbe camminato un po' più verso qualche soluzione meno inconsistente e balorda".

Don Lorenzo, a S. Donato di Calenzano, si trovò dinnanzi agli occhi un campione "privilegiato" per comprendere la grande tragedia storica della Chiesa cattolica che rischiava di rimanere culturalmente e sociologicamente tagliata fuori dai ritmi di una civiltà industriale. Era un campione che esprimeva bene i mutamenti etico-culturali degli anni '50. In collaborazione con contadini, disoccupati, giovani tessitori, casalinghe, muratori e zitelle, dirà parlando della religiosità trovata: "... una religione così non vale quanto la piega dei pantaloni".
Gli episodi rigorosamente storici, le statistiche e i grafici prodotti, faranno dichiarare a monsignor D'Avack: " ... le conclusioni sono d'accordo col vero spirito della Chiesa ... ".
Sarà un punto di vista completamente innovativo rispetto alla pastorale tradizionale. Un'autocritica sugli atteggiamenti, i metodi, le cause che hanno impedito al prete di essere con il suo popolo. Parla della storia della parrocchia, dei metodi catechistici, dei Sacramenti, della frequenza nel riceverli, e della terapia. Ecco alcuni brani tratti da "esperienze pastorali":


LA PROCESSIONE

" Passa il Signore. Serenata di fiori, veli bianchi, festa di paese. Trionfo della fede? Ma il gruppo d'uomini che segue il signore non è la parrocchia, è solo una chiesuola senza peso. La parrocchia si gode lo spettacolo e si tiene a dovuta distanza.
Proposto: Perdonali perché non sono qui con te.
Cappellano: Perdonaci perché non siamo là con loro ".

 

FEDE E SACRAMENTI

"Tentiamo di riassumere ora il quadro delle idee base sulla religione che può farsi un nostro ragazzo non appena cominci a sgranare gli occhi sulla vita dei suoi genitori, dei vicini di casa della chiesa parrocchiale.
La religione è roba da ragazzi; la religione è roba da donne; il peccato originale sull'anima fa meno male d'una infreddatura; la Confessione serve per fare la Comunione; lo stare in grazia di Dio non è dunque un problema quotidiano; o meglio: non è il problema quotidiano fondamentale del cristiano; la Comunione non è un dono, ma un obbligo; la Comunione serve per celebrare le feste; la Presenza del Salvatore nell'Eucaristia non è dunque reale, se no nessuno aspetterebbe le feste per assicurarsi coll'Eucaristia la salvezza; la religione è solo adempimento di rito e non importa con se impegni di vita o di ideologia; la religione è nel suo complesso fatto di insignificante portata: non vale quanto la piega dei pantaloni, quanto una buona dormita, quanto l'opinione degli altri su di noi, quanto il denaro o il divertimento; l'Olio Santo è un Sacramento spaventoso, il buon figliolo cura che i genitori non s'accorgano di riceverlo ... .
Il rimedio è semplicissimo perché il ragionamento che abbiamo fatto fila. Basta dunque prender a petto questi uomini e dir loro queste cose. Non potranno che riconoscere l'illogicità del loro modo d'esser cristiani e decidersi a una scelta coraggiosa e coerente ... .
Qui ricorderemo due rimedi provvisori e che si riferiscono più direttamente all'argomento del presente capitolo.
1. - Risanare con due o tre energici tagli ciò che è catechisticamente negativo nelle funzioni tradizionali (feste, processioni, ecc.). Su ciò che è catechismo positivo (prediche, catechismi, ecc.) non abbiamo riforme da proporre perché consideriamo tutto inutile finché perdura questo stato di inferiorità culturale negli uditori.
2. - Di fronte all'eccesso di esteriorità e collettivismo che caratterizza le attuali usanze parrocchiali, insistere provvisoriamente sull'aspetto interiore e personale della religione. A tesi estrema, antitesi estrema".

 

LA RICREAZIONE

Anno scolastico 1952-53, dopo aver "superato ogni interiore esitazione: la scuola è il bene della classe operaia, la ricreazione è la rovina della classe operaia. Con le buone o con le cattive bisogna dunque che tutti i giovani operai capiscano questo contrasto e si schierino dalla parte giusta".
" Mi perdoni dunque il lettore se non sono più capace di tornare indietro e se mi sono preclusa così anche la possibilità di formarmi un giudizio sereno sulla ricreazione ".


L'ISTRUZIONE CIVILE

L'ignoranza impedisce la formazione religiosa del cristiano. Di qui la celebre scelta di don Milani: " ... mi pare di poter dire che la scuola, in questo popolo e in questo momento, non è uno dei tanti metodi possibili, ma mezzo necessario e passaggio obbligato né più né meno di quel che non lo sia la parola per i missionari dell'Istituto Gualandi (istituto di sordomuti - n.d.r.) o la lingua per i missionari in Cina.
Domani invece, quando la scuola avrà riportato alla luce quel volto umano e quella immagine divina che oggi è seppellita sotto secoli di chiusura ermetica, quando saranno miei fratelli non per un rettorico senso di solidarietà umana, ma per una reale comunanza d'interessi e di linguaggio, allora smetterò di far scuola e darò loro solo Dottrina e Sacramenti.
Per ora questa attività direttamente sacerdotale mi e preclusa dall'abisso di dislivello umano e perciò non mi sento parroco che nel far scuola ".
" Non è esagerazione sostenere che l'operaio d'oggi col suo diploma di quinta elementare è in stato di maggior minorazione sociale che non il bracciante analfabeta del 1841"
" La libertà di stampa è un immenso bene. Ma quando s'è fatto solo la quinta non se ne gode piu in Italia che in Russia. Che meraviglia se il povero non vorrà battersi per ciò che non ha mai goduto? "

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

da "Esperienze Pastorali"

"La nostra proposta più moderata sarebbe piuttosto una legge così redatta:

«Art. 1 – La terra appartiene a chi ha il coraggio di coltivarla.

«Art. 2 – Le case coloniche appartengono a chi ha il coraggio di starci.

«Art. 3 – Il bestiame appartiene a chi ha il coraggio di ripulirgli ogni giorno la stalla.

«Art. 4 – I boschi appartengono a chi ha il coraggio di vivere in montagna.

È nostra opinione però che una così tardiva giustizia non basterebbe a fermare l’esodo.

Bisogna ricuperare anche tutte le ricchezze che per secoli son partite dalla terra verso i salotti cittadini (e dire che l’Art. 43 della Costituzione vorrebbe invece indennizzare i salotti!).

Rendere queste ricchezze ai loro veri proprietari, trasformarle in bagni, sciacquoni, scuole, strade, trattori, canali.

Bisogna buttare tutte queste cose ai piedi dei contadini, supplicarli di perdonarci e di fermarsi.

Ma anche per questo è già tardi".

 

con don Pugi

 

L'INDIRIZZO POLITICO

 

Don Milani ha un atteggiamento che si discosta, nel metodo applicato alla sua pastorale, dalle direttive della gerarchia ecclesiastica e dagli altri preti. Mentre tutte le forze deiconfratelli erano concentrate sulle organizzazioni cattoliche (ACI, Comitati Civici, DC, CIF, ACLI, ecc.) a difesa del Governo e della DC, il cappellano esprime contrarietà per ogni genere di associazionismo e concentra le proprie energie solo nella scuola serale laica ed aconfessionale. Nella sua scuola denigra governo e partito cattolico. Proibisce solo ai cattolici, perché contro l'ideologia cristiana, una certa stampa!
Il voto è un dovere di coscienza per i suoi effetti interiori, non si preoccupa di ottenere una "amministrazione e un governo cristiani".
Considera sporca e contro i poveri l' alleanza con i marxisti democratici e con i liberali.
Consiglia di votare solo per i candidati democristiani e di cancellare i nominativi degli alleati, l'unica cosa a cui è interessato è che gli elettori nel votare agiscano da cristiani: " Ai cattolici: voto DC con preferenza ai tre sindacalisti. Ai non cattolici: criteri strettamente classisti ". Negli ultimi tre capitoli: "L'esodo e i suoi preliminari", "Le case", e "Il lavoro" esprime il suo punto di vista sociale, politico e religioso mettendo in risalto il fallimento della pastorale cattolica in un paese che era cristiano ormai solo d'anagrafe.
Dopo aver trattato il fenomeno dello spopolamento della montagna e della campagna, conclude: "E' con angoscia che vediamo partire i nostri infelici figlioli verso la città dove sappiamo che i metodi di evangelizzazione sono ancora più arretrati che qui e dove la separazione del sacerdote dall'ambiente operaio è totale e lo sarà forse ancora per secoli... Il 99% dei suoi parrocchiani non sa nemmeno il suo nome.

 

CON DON PUGI E I RAGAZZI

 

Sottolinea lo stacco tra la gerarchia e i cristiani: "Se lo cercano è come si cerca un funzionario. Se per disgrazia non capita loro di averne bisogno le loro vite non si incrociano mai con la sua. Quei pochi che vanno in chiesa lo sentono parlare. Ma che cosa serve sentire delle parole quando non si sa se la bocca che le dice appartenga a una persona viva che vive quello che dice oppure a un anonimo incaricato? Non sono più tempi in cui la gente credeva alla parola solo perché la sentiva infocata e rotta dal pianto. Nessuno si fida più di nulla che non sia vissuto prima che detto.
Ed è giusto. E Gesù stesso ha molto più vissuto che parlato. E molto più insegnato col nascere in una stalla e col morire su una croce che col parlare di povertà e di sacrificio".


In Don Lorenzo Milani esisteva sempre "uno spiraglio di consolazione" di tipo provvidenziale: "Certo Dio che ha guidato gli uomini verso la città non negherà a situazione nuova la grazia di nuovi preti e nuovi metodi. Per ora ci si vede molto buio e non si può assistere a queste partenze senza un brivido...
Una popolazione come la nostra, di cui una parte si dice cristiana pur mostrando, come abbiamo visto, la più assoluta indifferenza per la Grazia e un'altra grossa parte si dice comunista e non è riuscita ancora a esprimere neanche un trasporto civile, è malata innanzi tutto di incoerenza. La città le potrà dunque far bene.
Come il formalismo incoerente dei montanari s'è attenuato qui a S. Donato così sparirà del tutto a contatto del mondo aperto e generoso degli operai cittadini.
Quando le loro menti saranno aperte sarà più facile riparlar loro del Signore.
Da un lato dunque vanno verso la mancanza di sacerdote, dall'altro vanno verso l'apertura interiore.
Guai a chi si rallegra, guai a chi si dispera.
Signore perdonaci per l'occasione che abbiamo sprecata".

* * *

 

L'ultima pagina della trattazione si chiude con una visione di sangue: si scatena l'ira dei poveri contro un clero e una Chiesa che non ha capito e soprattutto non ha praticato: la povertà e lo spirito del Vangelo:

 

"LETTERA DALL’ OLTRETOMBA"
riservata e segretissima
ai missionari cinesi

campanile di san Donato

 

CARI E VENERATI FRATELLI,
VOI CERTO NON Vl SAPRETE CAPACITARE COME PRIMA Dl CADERE NOI NON ABBIAMO MESSA LA SCURE ALLA RADICE DELL' INGIUSTIZIA SOCIALE.
E' STATO L' AMORE DELL "ORDINE" CHE Cl HA ACCECATO.
SULLA SOGLIA DEL DISORDINE ESTREMO MANDIAMO A VOI QUEST'ULTIMA NOSTRA DEBOLE SCUSA SUPPLICANDOVI Dl CREDERE NELLA NOSTRA INVEROSIMILE BUONA FEDE.
(MA SE NON AVETE COME NOI PROVATO A SUCCHIARE COL LATTE ERRORI SECOLARI NON Cl POTRETE CAPIRE).
NON ABBIAMO ODIATO I POVERI COME LA STORIA DIRA' Dl NOI.
ABBIAMO SOLO DORMITO.
E' NEL DORMIVEGLIA CHE ABBIAMO FORNICATO COL LIBERALISMO Dl DE GASPERI, COI CONGRESSI EUCARISTICI Dl FRANCO. Cl PAREVA CHE LA LORO PRUDENZA Cl POTESSE SALVARE.
VEDETE DUNQUE CHE C' E' MANCATA LA PIENA AVVERTENZA E LA DELIBERATA VOLONTA'.
QUANDO Cl SIAMO SVEGLIATI ERA TROPPO TARDI. I POVERI ERANO GIA' PARTITI SENZA Dl NOI.
INVANO AVREMMO BUSSATO ALLA PORTA DELLA SALA DEL CONVITO.
INSEGNANDO AI PICCOLI CATECUMENI BIANCHI LA STORIA DEL LONTANO 2000 NON PARLATE LORO DUNQUE DEL NOSTRO MARTIRIO.
DITE LORO SOLO CHE SIAMO MORTI E CHE NE RINGRAZINO DIO.
TROPPE ESTRANEE CAUSE CON QUELLA DEL CRISTO ABBIAMO MESCOLATO.
ESSERE UCCISI DAI POVERI NON E' UN GLORIOSO MARTIRIO. SAPRA' IL CRISTO RIMEDIARE ALLA NOSTRA INETTITUDINE.
E' LUI CHE HA POSTO NEL CUORE DEI POVERI LA SETE DELLA GIUSTIZIA.
LUI DUNQUE DOVRANNO BEN RITROVARE INSIEME CON LEI QUANDO AVRANNO DISTRUTTO I SUOI TEMPLI, SBUGIARDATI SUOI ASSONNATI SACERDOTI.
A VOI MISSIONARI CINESI FIGLIOLI DEI MARTIRI IL NOSTRO AUGURIO AFFETTUOSO.

UN POVERO SACERDOTE BIANCO
DELLA FINE DEL II° MILLENNIO "

* * *

 

IL PROVVEDIMENTO

Il provvedimento contro il libro "esperienze pastorali" fu emanato durante il pontificato di Giovanni XXIII, don Lorenzo, in una intervista del 1965, così commenta: "Giovanni XXIII per prima cosa dette l'autonomia ai vescovi e il cardinale Ottaviani condannò il mio libro, però Giovanni XXIII non permise che fosse messo all'Indice perché a lui gli andava molto bene".
Il decreto è del 15 dicembre, ma che la decisione era attesa lo si deduce dalla lettera del 10 ottobre scritta dal Priore di Barbiana al padre domenicano Santilli: " Mi metto nei suoi panni e capisco la sua preoccupazione e le sono vicino sia per la gratitudine che le devo sia perché so che lei ha qualcosa di caro in pericolo."
Il giovane sacerdote, neofita e convertito, aveva rischiato tutto, lo dice lui stesso, per amore di poche creature, in una lettera a Arturo Carlo Jemolo del 7 settembre 1958:

"Io ci avevo rischiato tutto, non parlo di trasferimenti perché sono già quattro anni che mi hanno trasferito dalle 1200 anime di San Donato a queste 85 anime qui in vetta al Monte Giovi e siccome sto buono e non do noia a nessuno, nessuno, per grazia di Dio, mi potrà più levare di qui, ma parlo del rischio di trovarmi di fronte a una condanna del libro e questa sarebbe una tragedia, non tanto per me, che sono pronto a cedere in tutto, quanto per i miei infelici giovani di San Donato."

Questa, era la posizione dell'episcopato del tempo. Nella lettera del 19 dicembre 1958, il card. Ermenegildo Florit scrive a don Milani per avvertirlo del ritiro del libro: "Molto Rev.do e caro don Milani, da Roma sono stato incaricato di comunicarLe quanto segue: La S. Sacra Congregazione del S. Offizio ha disposto, dopo aver sottoposto ad accurato esame la sua recente pubblicazione "Esperienze Pastorali" che essa venga ritirata dal commercio". Ho già avvisato l'Editore a mettere ciò in esecuzione.
Quanto sopra potrà recarLe qualche amarezza. Sono tuttavia sicuro che la sua pietà sacerdotale l'aiuterà ad accettare con docilità filiale la disposizione della Santa Sede. Il Signore non mancherà di venirLe incontro con i suoi Lumi e la sua grazia confortatrice.
Augurandole un santo Natale, le invio paterni saluti, benedicendoLa".
Suo rev.mo nel Signore
Ermenegildo Florit Arciv. Coad.


La motivazione del provvedimento, come abbiamo già detto, non fu teologica, ma solo di opportunità politica. Papa Roncalli, pontifice da pochi mesi, non aveva ancora espresso la sua linea pastorale, nella quale, distingueva tra l'"errore" da condannare e l'"errante" con cui dialogare. Le encicliche Mater et magistra e Pacem in terris verranno enunciate alcuni anni dopo. La profonda passione per l'uomo che don Lorenzo aveva lo metteva in contrasto con gli ordinamenti della società e della Chiesa mentre per lui la riforma sociale era un mezzo, uno strumento per elevare l'uomo e renderlo libero, perciò vicino a Dio.
Questa dimensione profonda e impostata sull'elevazione dell'uomo diventa una modalità educativa della scuola popolare di San Donato e di Barbiana al punto che non doveva:
" ... richiedere nemmeno un'adesione preventiva al cattolicesimo, né ai suoi ragazzi né agli ospiti della Scuola popolare".
(Gaetano Arfè Pubblico Dibattito - 16/17 dicembre 1988 Calenzano).

Queste riflessioni fanno capire la serie di anacronismi che lo metteranno in contrasto con la mentalità del suo tempo. Il libro, pur inquadrato e collocato storicamente, dovrebbe essere, dalla Chiesa di oggi, restituito a quella dignità che deve a don Milani per averla così ben servita.

 

 

perplesso

«Star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici noiosi odiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UP

 

CON BIMBO AFRICANO

Scritta, dal Priore, all'amico magistrato, GIAMPAOLO MEUCCI, la lettera, così intitolata dal suo autore, non é stata mai terminata. 

Barbiana, 30.3.1956

Caro Gianni, cercami per piacere nel Codice penale un articolo che preveda il reato che ora ti dirò. E se non c'è di a qualche amico deputato che lo facciano subito, ma in settimana e carico di pene esemplari.
Il titolo dev'essere press'a poco così: "Circonvenzione di contadino giovandosi di circostanze storiche favorevoli per le quali senza mai fare alcunché di legalmente perseguibile gli si fa però un danno umano così enorme che se ne accorgerebbe anche un bambino e che solo il Codice per una sua inspiegabile anomalia non vede.
" Ma almeno se tu non trovi verso di dar figura giuridica a questo delitto promettimi che lo dirai ai tuoi amici dell'Archivio di Stato. Di loro che l'appuntino su qualche foglio perché ne resti memoria. Se no domani quando tutto il nostro mondo sbagliato sarà stato lavato in un immenso bagno di sangue e quando doman l'altro gli storici inorriditi da tanto sfacelo che avrà travolto insieme tanto bene e tanto male tenteranno di scriverne le origini e i motivi, non riusciranno a leggere fatti come questi che t'ho detto. Perché gli analfabeti non vengono menzionati dalla storia altro che quando uccidono i letterati. E questo avviene proprio perché sono analfabeti e prima di quel giorno non sanno scrivere né farsi in altro modo valere e così son condannati a scrivere solo colla punta dei loro forconi quando è già troppo tardi per esser conosciuti e onorati dagli uomini per quelli che erano innanzi a quel triste giorno. Un contadino parte perché trova un podere migliore. Ha lavorato dieci, venti, talvolta duecento, trecento anni su quella terra e ha vissuto lui e i suoi magrissimamente perché in tutti quegli anni ha fatto vivere, non solo vivere ma studiare, il nonno del padrone e poi il padrone e poi il signorino. Loro hanno frequentato tutte le scuole e si son riempiti la casa di libri e la mente di potenza dialettica e pratica enorme senza aver mai bisogno di guadagnarsi il pane perché il pane lo guadagnava Adolfo e i suoi bambini. Adolfo che non ha fatto neanche la prima perché il signorino ha passione per le pecore e non permette che si vendano. Il signorino dice che le pecore rendono molto tanto a lui che al contadino (ed è vero) e così non permette che si vendano. E così Adolfo ha passato la sua infanzia colle pecore e ora è grande e lavora invece il podere e colle pecore manda Adriano. E Adriano ha già 10 anni ma è analfabeta come il suo babbo solo perché non può andare a scuola perché ha da badare le pecore che hanno da fare la lana e gli agnelli e il cacio. E poi si vende la lana e gli agnelli e il cacio e la metà d'Adolfo basta solo per campare mentre la metà del signorino messa insieme a altre metà di altri poderi basta bene per andare a scuola fino ai 35 anni e far l'assistente universitario volontario cioè non pagato e vivere nei laboratori e nelle biblioteche là dove l'uomo somiglia davvero a colui che l'ha creato che è sola mente e solo sapere. Sono trecent'anni precisi che la famiglia secolarmente analfabeta di Adolfo mantiene agli studi la famiglia secolarmente universitaria del signorino. C'è nell'archivio parrocchiale documenti ingialliti e ammuffiti che lo attestano. Il fatto è già in sé d'una tragicità che non richiede commento. Ora i figlioli di Adolfo sono stufi del lumino a carburo e gli han fatto cercare un podere dove c'è l'acqua e la luce. E Adolfo s'è deciso anche lui a partire per contentare loro e anche per sé perché è stufo fino agli occhi. Ma pure credi che anche partire di quassù è sempre uno strappo non foss'altro perché in trecent'anni s'è imparentato un po' tutte le case della zona e poi qui ormai conosce troppe cose o persone utili nella vita: mediatori, compratori, vicini, ladri, galantuomini, esperti, inesperti... Quando il signorino seppe che Adolfo aveva trovato un podere meglio, gli mentì per la centesima volta che avrebbe messo la luce. Ma Adolfo ormai conosce l'uomo e non c'è caduto più. Ha poi dentro una tale carica di rancore che ormai al Sasso non ci torna più neanche se ci fanno l'autostrada. Allora per un anno il podere del Sasso è restato sodo, e per esser sodo un anno solo è costato tanto quanto occorreva per metter la luce e l'acqua e rimetter la casa e fare qualche fossa. E il signorino ha cercato disperatamente un altro grullo che venisse a campare agli studi lui e il suo figliolo e i suoi nipoti per altri trecento anni. E il grullo purtroppo l'ha trovato. E' un infelice che là dove è ha anche la luce, ma per un complesso di circostanze è costretto a dividersi dal fratello. Ha posto un patto solo e cioè che prima di gennaio quando ci tornerà lui ci sia la luce. Ed ecco il signorino promettere a questo sconosciuto cui non deve nulla ciò che ha negato a Adolfo che per trecent'anni l'ha campato agli studi. Già questo è un insulto alla miseria e al sacrificio che è molto più che uno schiaffo e molto più che una scarica di legnate. Ma se Adolfo dà uno schiaffo o una scarica di legnate al signorino tu lo metti in galera, mentre quando il signorino fa questo a Adolfo tu non ci ravvisi ombra di reato. Anzi forse il signorino è un tuo compagno di studi. Forse stasera lo incontrerai alla San Vincenzo a spendere generosamente i soldi del cacio del Sasso, i soldi dell'analfabetismo di Adolfo. Oppure lo vedrai a far dottrina ai bambini col distintivo di dirigente di Azione Cattolica. Ed ecco ora il signorino in azione per convincere il contadino nuovo a venire. Ecco che non gli dice che a togliere le cimici da quella casa non è bastato neanche il camioncino della prefettura con tre giorni di gas. Gli dissero: « Per levare le cimici da questa casa, signor Professore, non le resta che darle fuoco e ricostruirla a nuovo ». Ecco che gli sfodera un foglio della Valdarno per mostrargli che a giorni al Sasso c'è la luce. Il contadino nuovo è un po' più smalizito d'Adolfo e sa un po' leggere e pensa: « Io non mi chiamo Adolfo. Io so leggere, a me non me la fa ». Guarda dunque quel foglio e vede che è intestato Selt-Valdarno ecc. ecc. Beh, allora basta così, questa volta si dev'esser deciso. Torna ai suoi monti e trasloca. Lascia i parenti, gli amici, danneggia i pochi mobili nello sgombero, spende per il camion, fa interrompere le scuole a Pierino a gennaio in pieno anno scolastico. Insomma io non voglio stare a farti l'elenco completo delle cose che perde per quel trasloco. C'è di mezzo anche un mezzo fidanzamento della sua maggiore ecc. ecc. Fammi il piacere mettiti te nei panni d'un trasloco. Senza che ti faccia tanti esempi lo capisci da te che somma di valori umani si può spezzare in un trasloco. Basterebbe quell'essere eterni viandanti. Non per nulla il nomadismo è segno di civiltà ormai sparite e antichissime. Ma ciò che avviene tra i contadini oggi è nomadismo puro come quello dei pastori dell'Asia e porta con sé tutto il bagaglio delle sue conseguenze disumananti. Sai cos'era quel foglio che il signorino professore ha mostrato al contadino nuovo? Era uno di quei moduli di richiesta di preventivo che la Valdarno dà gratis a chiunque li richieda. Di fronte alla tua legge il signorino è a posto. Quando il preventivo verrà (se verrà) vedrà che la spesa è troppa e non ne farà di nulla. Poco importa. Basta che il Sasso per quest'anno non resti sodo come l'altr'anno. Tu, Procuratore d'una Repubblica fondata sul lavoro, non manderai le forze dell'ordine a sanare questo disordine estremo. Fai pure. Peggio per te e per il tuo e mio mondo e per il mondo del signorino. Ma domani, quando i contadini impugneranno il forcone e sommergeranno nel sangue insieme a tanto male anche grandi valori di bene accumulati dalle famiglie universitarie nelle loro menti e nelle loro specializzazioni, ricordati quel giorno di non fare ingiustizie nella valutazione storica di quegli avvenimenti. Ricordati di non piangere il danno della Chiesa e della scienza, del pensiero o dell'arte per lo scempio di tante teste di pensatori e di scienziati e di Bepponepoeti e di sacerdoti. La testa di Marconi non vale un centesimo di più della testa di Adolfo davanti all'unico Giudice cui ci dovremo presentare. Se quel Giudice quel giorno griderà « Via da me nel fuoco eterno » per ciò che Adolfo ha fatto colla punta del suo forcone, che dirà di quel che il signorino ha fatto colla punta della sua stilografica? E se di due assassini uno ne vorrà assolvere, a quale dei due dovrà riconoscere l'aggravante della provocazione? A quale dei due l'attenuante dell'estrema ignoranza? D'una ignoranza così grave da non esser neanche più uomini.
Neanche forse più soggetti d'una qualsiasi responsabilità interiore
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LETTERA DI DON LORENZO MILANI
A LUIGI EINAUDI
 

(Archivio della Fondazione Einaudi)


Barbiana 24.2.59


Caro Senatore,

un amico mi ha portato la VI dispensa delle Prediche inutili perché leggessi quella ai seminaristi e mi convincessi che ella nello scriverla aveva fra l'altro di mira anche il mio libro.

Ho infatti scritto un modesto libro di esperienze pastorali che per un complesso di circostanze contingenti ha fatto molto più chiasso del dovuto e in cui qualche lettore superficiale (p. es. il p. Perego della Civiltà Cattolica e Mons. Olgiati) ha visto una mia pretesa di immischiarmi e pontificare anche in materie (come p. es. l'economia, la politica ecc.) di cui sono assolutamente digiuno.

Io gli ho risposto che quand'anche ella avesse letto il mio libro mi pare impossibile che non si dovesse accorgere che di queste materie non parlo che scherzosamente e che in conclusione la tesi del libro non è affatto che i sacerdoti di queste cose dovessero intendersi e tanto meno pontificare, ma piuttosto uscirne del tutto e al più presto.

Penso dunque che ella non volesse affatto dire di me e che in complesso, avendo l'intelligenza di accorgersi che scrivo solo per i sacerdoti e che d'ogni casa vedevo solo il lato pastorale ella non dovesse trovar gran che a ridire d'un libro come il mio.

Se dunque ha 5 minuti liberi le sarò molto grato se vorrà perderli per farmi sapere chi di noi due avesse ragione.


Mi scusi e grazie suo

Lorenzo Milani

parroco di S. Andrea a Barbiana

Vicchio Mugello