Manuale-Scuola di Barbiana

Manuale


“PEDAGOGIA DELL'ADERENZA

E DEL RICONOSCIMENTO”

regia di Edoardo Martinelli

MANUALE D'USO

PREMESSA

Questo testo è stato elaborato utilizzando i diari degli insegnanti e degli osservatori all'interno dei gruppi sperimentali. È l'inizio di una scrittura collettiva, a cui si sono aggiunti, nel tempo, altri docenti e genitori, e che finirà con una verifica dei risultati al termine dell'anno scolastico.
Finalmente la ricerca conoscitiva avvenuta nei laboratori del progetto Barbiana 2040, iniziati a Sorisole 4 anni fa, ha fatto emergere il motivo vero che stava dietro la forte distrazione dei ragazzi di prima media e dei bambini della primaria.

Questo stato alienante, in cui la mente e il pensiero si allontanano dalla realtà o si rivolgono in un altrove, oggi mediato dal potere emotivo di una macchina, crea un disagio che la scuola normalmente cerca di attutire attraverso la medicalizzazione del nativo digitale. Al contrario, noi abbiamo scoperto che dietro il sintomo apparente si nasconde una richiesta di riconoscimento: ossia il desiderio di esserci, di esistere e di stare insieme.

Ecco come il bisogno reale viene spesso mascherato o espresso dentro bisogni fittizi. Infatti, quelli che esprimevano gli alunni, che hanno partecipato al nostro primo incontro a Sorisole, erano più che fuorvianti. Andavano ad alimentare, paradossalmente, il disagio, invece che condurli ad agire diversamente, a cercare ciò che desideriamo veramente e che nel susseguirsi della nostra attività e crescita, non solo in età, degli alunni, abbiamo scoperto essere: un bisogno di socialità e la certezza di un lavoro.

La loro richiesta, rivolta ai genitori e mai resa palese in classe, era quella di poter ottenere più ore per stare sui social, sui tablet e sui cellulari.

I ragazzi erano fisicamente in classe, ma, invece, erano altrove. Anche noi insegnanti scoprivamo di esserci completamente allontanati dalla realtà vissuta dai nostri allievi e senza rendercene conto abbiamo costruito delle vite parallele.

Finalmente i ragazzi ci dicevano “quello che noi adulti non si vorrebbe mai sentirci dire”.

Le loro riflessioni ci hanno aiutato a reinterpretare la pratica d'insegnamento di don Lorenzo Milani, basata sul dialogo e l'apprendimento cooperativo, considerando, però, il nativo digitale.

Per strutturare un ambiente idoneo, adatto a consentire la fuori uscita delle tante e diverse opinioni in proposito, anche non gradite, è stato necessario modificare lo spazio e tempo scuola, tornare alla didattica attiva, dare centralità ad una delle tecniche più significative del nostro Priore: “la tecnica umile della scrittura collettiva”. Per meglio comprenderlo, abbiamo diviso il nostro percorso in fasi, anche se nella pratica quotidiana i momenti tendono a mescolarsi.

* * *

LE PRIME QUATTRO FASI DI LAVORO

processo educativo

1° fase

osservazione e ascolto

L'eliminazione della cattedra ed i banchi posti in cerchio hanno consentito un nuovo modo di stare insieme, sia nell'ascolto reciproco e sia quando dialoghiamo. L'approccio al sapere non è più unidirezionale e sequenziale, ma reticolare e dinamico.
L'elemento motivante, punto di partenza di ogni azione, emerge spontaneamente. In un contesto sottoposto ad uno sguardo diverso da parte del docente, rimbalza in aula e auto-genera il processo educativo. Non importa da dove avviamo la lezione, potrebbe essere proprio l'elemento disturbante, perché solo un clima di attenzione e partecipativo consentirà di veicolare la didattica verso tematiche significative.

ROSARIA (Insegnante): “In che modo accendere la motivazione e pervenire al successo formativo?

Dobbiamo catturare tutti gli indizi che rimbalzano in aula nella comunicazione e nei conflitti tra pari, ossia tutti quegli aspetti che caratterizzano questa svolta epocale che stiamo attraversando.

Come?

Bisogna scrutare dentro il chiaroscuro del malessere furtivo o manifesto. La distrazione, il disinteresse e perfino l'ostracismo dei nostri preadolescenti sono, per noi insegnanti, occasione di apprendimento e riflessione”.

In poche parole, ci conferma chi insegna, dobbiamo tradurre il disagio in risorsa, anche perché insegnare ed apprendere significano mantenere la predisposizione al trasgredire. Se tale atteggiamento lo trasformiamo, finalmente, da momento di contrapposizione in strumento d'uso, diventa capace, oltre che di mantenere alta l'attenzione, di far individuare e veicolare la cultura informale dell'allievo verso i nuclei forti delle discipline.

2° fase

il riconoscimento

L'osservazione e l'ascolto, che abbiamo attivato a monte, consentono il rafforzamento delle identità attraverso il riconoscimento reciproco all'interno del gruppo. Questi due momenti, che descriviamo distinti per meglio capire, in realtà, e come già abbiamo affermato nell'introduzione al metodo, si mescolano tra loro e li consideriamo esauriti solo quando riescono a determinare il giusto clima e ritmo della classe. Sono quindi tempi che sempre ricorrono nell'arco di ogni processo formativo. Infatti, se vogliamo incrementare il tempo dell'attenzione, dobbiamo perdere tempo per conoscere e formare la propria squadra.
Se necessario e utile alla comprensione del contesto, come è successo all'Istituto Lanfranchi di Sorisole, si utilizza anche lo strumento del questionario per elaborare statistiche ed individuare soluzioni. Solo una ricerca conoscitiva seria, impostata su un'attenta osservazione dei comportamenti in classe, e là dove i nostri alunni abitano, consentirà di far emergere le problematiche, spesso invisibili e sotterranee, come quelle affiorate nella nostra prima elaborazione statistica: isolamento dei soggetti in spazi propri e riservati, calo significativo delle ore di sonno, sostituzione delle relazioni parlate e conviviali con “silenzi rispettosi” verso le necessità di tutti. In sintesi: riduzione forte delle socializzazioni, vissute dentro spazi in cui i messaggi si mantengono unidirezionali e virtuali.

Questa presa di coscienza, rispetto ai modi di vivere del nativo digitale, consente di meglio interpretare ciò che il nuovo processo educativo e gli insegnanti suggeriscono.

ROSARIA: “Veicolare la didattica, partendo dal contesto reale degli allievi, significa inseguire quei sassolini che Pollicino ha disseminato per ritrovare sé e la propria identità perduta!”

Nel riconoscersi reciprocamente, dentro questo contenitore radicalmente trasformato, abbiamo visto crescere subito i livelli di attenzione e partecipazione.

Quando il sapere appassiona e tocca le corde del desiderio, che a loro volta si legano all'interesse che l'allievo ha sul momento, abbiamo un concreto rapporto con il bisogno reale e non apparente. Quando i nostri desideri li trasferiamo in quell'altrove, in cui rimbalzano solo i giochi proiettivi, costruiamo, involontariamente e a livello inconscio, uno spazio confusionario, sempre più impregnato di rissosità e di non senso.

Non dimentichiamo che il contesto di realtà è nucleo fondante la pedagogia dell'aderenza. Solo se il rapporto tra ciò che si dice e ciò che in concreto si fa o si pensa è coerente con i bisogni e le risorse di chi abbiamo preso in carico, il nostro agire in classe trasformerà il linguaggio informale dell'allievo in presa di coscienza e azione.

Era in questo modo che il Priore agiva. Non ti chiedeva: “cosa non sai”, ma, sui crediti formativi dei suoi giovani montanari, per quanto fossero espressione di un sapere ancora informale, costruiva solidi schemi logici. Infatti, il Maestro, giunto in un ambiente destrutturato, dove mancava tutto, acqua, elettricità, strada etc., prima costruisce la scuola dei progetti, poi trasforma il territorio, la propria mentalità e quella della sua gente, con la quale sentiva di essersi schierato.

Questa modalità d'insegnamento, che in passato consentiva il transito dal desiderio apparente a quello reale, oggi trova maggiore difficoltà a consolidarsi, a causa di un multitasking che occupa sempre la nostra mente, trasformandola in un nodo di svincoli, invece che essere il crogiolo del pensiero. La iniqua tendenza a riempire teste vuote si è trasformata negli anni in un rifiuto di ogni tempo vuoto. Questo vale per chi apprende, ma anche per il docente. Infatti, questa 2° fase, che comporta il passaggio dall'ascolto all'azione, quando la viviamo, purtroppo con la ben nota “ansia da prestazione” rispetto al programma, che per altro non esiste più, viene normalmente soffocata da chi insegna con risposte immediate. Così la riflessione, che dovrebbe svolgersi in un tempo utile per consentire, a chiunque partecipi, di poter esprimere le proprie opinioni e il massimo delle criticità, è sostituita dalla solita lezione frontale, che per quanto esprima valori alti e contenuti significativi, ha il sapore di un indottrinamento nozionistico che educa alla dipendenza. Chissà che non sia stato proprio questo nostro atteggiamento ad aver stimolato tutta questa passività e assenza partecipativa rispetto alla vita politica del nostro Paese.

È in questo modo che la motivazione, spesso occultata o mascherata dietro elementi banali, impregnati di ambiguità, come nella richiesta dei ragazzi di Sorisole, viene rimossa a livello inconscio, invece di essere riflettuta, per cui il passaggio dall'ascolto all'azione non avverrà mai.

3° fase

l'atteso imprevisto

Come scovare la motivazione e restituirla al dibattito, considerando il fatto che la democrazia non si predica, ma si dovrebbe esercitare?
ROSARIA: “Bisogna pescare nella provocazione/stimolo che, per empatia, risveglia la coscienza e la consapevolezza dei nostri allievi. Le loro reazioni, se ben indirizzate dalla regia attenta del maestro, si innestano, in automatico, nelle problematiche che costellano la tematica individuata insieme”.

Sta quindi nella capacità dell'insegnante di veicolare la didattica nella direzione giusta. È in questo modo che il processo educativo, che si crea sul momento, consente di individuare l'elemento motivante e di sostenere l'obiettivo curricolare. La tematica individuata a monte è, quindi e allo stesso tempo, prodotta dal contesto di realtà e dal desiderio vero e non apparente del discente.

ROSARIA: “Non dobbiamo dimenticare mai che la lettura e scrittura sono atti produttori di senso, utili al futuro cittadino sovrano per giungere ad essere responsabile del proprio pensiero e delle proprie azioni”.


RIFLESSIONE SULLE PRIME TRE FASI

 

Bisogna considerare che questo gruppo classe sta vivendo non solo il passaggio dall'età infantile alla preadolescenza, di per sé un momento importante su cui riflettere, ma, nello stesso tempo, dalla scuola primaria è entrato nella secondaria di primo grado. Nelle loro crisi di rabbia e perdita di controllo i ragazzi manifestano un'età di transizione. Insieme ai cambiamenti fisici scoprono che è diverso l'ambiente in cui vengono accolti e che il gruppo classe non è più composto dagli stessi compagni con cui hanno condiviso le attività scolastiche nei cinque anni precedenti. Infine cambiano anche le figure di riferimento, e lo stesso corpo insegnante diventa più numeroso e sempre più disciplinare.
È importante in questa fase dello sviluppo verificare gli apprendimenti acquisiti negli anni trascorsi nella scuola primaria, i livelli di memorizzazione raggiunti e la capacità di utilizzare le competenze nei contesti reali. Dobbiamo considerare la necessità di costruire un apprendimento capace di attivare non solo la memoria breve, sottoposta alla dimenticanza come dimostreremo in seguito, ma di consentire, soprattutto, l'acquisizione di solidi schemi mentali. Infatti, ed è quello che succede, se i ragazzi non hanno acquisito adeguate competenze cognitive, il tutto si riduce ad un vero e proprio ingozzamento nozionistico o a semplici abilità informatiche, utili agli esami e alle prove invalsi, ma incapaci di formare teste pensanti.

Capiamo, avendo sostenuto l'importanza di tenere un comportamento in cui l'ascolto prevale sulla risposta immediata, che la trasmissione della cultura ai giovani di oggi avviene prevalentemente in modo meccanico, elaborata e mediata da contenuti diluiti tramite lo sfoglio di un libro di testo. Tale processo, basato su lezioni frontali, pone l'allievo in un ascolto unidirezionale, con domande o risposte molto limitate. È lo stesso clima che vivono gli insegnanti, quando subiscono direttive che provengono dall'alto, impedendo ogni forma di innovazione.
Se l'ambiente educativo che strutturiamo è sostituibile dalla macchina, nella quale il programmatore ha semplicemente accatastato i saperi da cogliere con un click sulla tastiera, domandiamoci: È questo il futuro educativo?

Dobbiamo prendere seriamente in considerazione che siamo, ormai, abituati, fin dalla più tenera età, alla presenza della macchina, il cui display è diventato un surrogato emotivo e un sostituto delle affettività. Questa assurda condizione, che viviamo dall'inizio del nuovo millennio, potrebbe dare il via ad una pratica d'insegnamento basata sull'uso costante di memorie esterne e, in un prevedibile abbassamento delle socialità, questo modello d'insegnamento potrebbe essere, in un prossimo futuro, proclamato e preteso democraticamente.

Il rischio sta nel fatto che sia proprio la democrazia a rinforzare, per la prima volta, i desideri apparenti a scapito di ciò che è realmente necessario. Questo, comunque, è ciò che ha sempre fatto la modernità già nella prima metà del secolo scorso, quando le oligarchie hanno cominciato a manovrare la comunicazione di massa e a condizionarla fino a trasformare umili contadini in violenti soldati, sia nella prima che nella seconda che nell'invisibile terza guerra mondiale.

Un aspetto che chi insegna non può eludere oltre, se non vuole essere corresponsabile del ripetersi di tali eventi, ai quali si aggiungerebbero il disastro climatico, energetico e gli effetti incontrollati della robotizzazione.

Allontanandoci dal modo in cui stavamo insieme in passato, i luoghi in cui normalmente ci incontravamo, gli oratori, le case del popolo e la stessa strada, per esempio, non sono più spazi di gioco o socializzazione. Senza accorgercene, è stato così che il loop del cellulare è diventato il vero luogo in cui si abita: è la distrazione rispetto ai bisogni veri e non apparenti, nostri e dei nostri figli, che ha costruito la prigione.

Un problema creatosi, come abbiamo già detto nell'introduzione, a monte della scuola dell'obbligo. Ciò dovrebbe portare a pensare che sarebbe utile un rapporto armonico tra soggetti sociali, in particolare tra il mondo della scuola e quello delle famiglie.

Oggi, purtroppo, non esistono più l'alleanza e la complicità educativa fra gli adulti, capaci di riconoscere le responsabilità e le risorse individuali e collettive, su cui invece ha costruito la sua scuola il Priore di Barbiana. Molto spesso i rapporti tra le persone si manifestano in modo conflittuale e con forme comunicative disturbate.

Se vogliamo evitare che questa frattura, presente ormai anche tra le generazioni, si trasformi in conflitto permanente, dobbiamo avere la forza di cercare insieme i significati profondi dell'esistenza, che non possono essere riflettuti dentro tempi funzionali solo all'apparato scolastico e non a chi apprende. Neppure possono essere vissuti sotto la soffocante cappa di aule sempre più pollaio. È indubbio che sono stati proprio questi spazi asfissianti il presupposto primo di questa fuga dalla realtà verso il virtuale, per il loro essere inadatti a qualsiasi scopo associativo e formativo.

Bisogna riconoscere che l'indigestione informatica, determinata dalla DAD, e il conseguente desiderio di incrementare i rapporti fisici, abbiano aiutato, in qualche modo, a capire ciò che si celava dietro a tante difese, di cui l'arma del silenzio8 e della neutralità passiva sembrava essere la più significativa. Purtroppo ancora constatiamo che molti insegnanti e genitori non hanno preso coscienza dei tanti fattori che portano i nativi digitali a chiudersi in un volontario isolamento. Questa mancanza di comunicazione, in casa come a scuola, ha demolito ogni forma di socialità, compresa quella del ritrovarsi nelle ritualità quotidiane, in cui si stava fisicamente insieme.

Sempre e dovunque, l'attenzione è rivolta ad un display e non più alle persone. Non dobbiamo dimenticare che i disturbi dell'attenzione riducono la capacità di concentrarsi e pensare umanamente.

4° fase

la scrittura collettiva

PASSAGGI FONDAMENTALI della tecnica umile della scrittura collettiva :
setting - scenario conoscitivo – raccolta delle idee – percorso della parola – il motivo occasionale e profondo – dialoghi socratici – accorpamento delle idee in paragrafi e capitoli – inclusione e ascolto – revisione continua – revisione generale del testo utilizzando lettori estranei. E aggiungerei: educare all'oratoria …

* * *

LA SCRITTURA COLLETTIVA

sintesi del processo educativo

La DAD ha aperto la nostra mente a tanti interrogativi che difficilmente potranno essere rimossi. Infatti, lo abbiamo notato subito, a distanza di 4 anni di attività, nella scuola secondaria di primo grado, classe 1ª A, dell'Istituto Comprensivo di Santomobono Terme. Qui, dopo due anni di lockdown, l'attenzione alle abilità sociali diventa, nel modo più spontaneo, prevalente.
Il primo incontro con Edoardo Martinelli ha determinato la prima importante riflessione: “In tutti gli anni di scuola primaria non ci siamo mai guardati in faccia!”

La tragicità di tale evento, che noi cogliamo come Il primo motivo occasionale, fa emergere il vero nodo problematico. La presa coscienza da parte dell'intero gruppo classe, abituato a volgersi solo verso una cattedra e a vedere la schiena dei compagni, ha fatto emergere l'assurdità di una scuola che preclude ogni forma di dialogo e, quindi, di consapevolezza rispetto ai cambiamenti che avvengono, non solo all'esterno delle mura scolastiche, ma anche nella mente di noi insegnanti e di ogni singolo ragazzo o ragazza.

Proviamo a riflettere, ripercorrendo per intero i passaggi descritti e vissuti all'interno del nostro laboratorio di scrittura. È, inoltre, importante ricordare che dal motivo occasionale, che chiameremo anche: atteso imprevisto o elemento motivante, dobbiamo partire se vogliamo veicolare la didattica verso l'obiettivo curricolare …

LABORATORIO DI SCRITTURA

Così introduce Pierangela10 il nostro laboratorio: “Sono emozionata, ma anche tranquilla, perché questa esperienza parte in compagnia di due amici: Edoardo, che fa da tramite tra un’esperienza umana e culturale unica e straordinaria, essendo vissuto con don Milani per alcuni anni, e Francesca, una maestra che appunterà giorno per giorno gli interventi dei ragazzi e dei docenti. A loro si aggiungeranno, come osservatrici nelle lezioni del mattino con i ragazzi, Elisabetta e Rosangela. Invece, nel pomeriggio, dopo l'orario scolastico, il gruppo insegnanti si allargherà e saremo una ventina: molte maestre della primaria e alcuni docenti dell’I.C. di Almenno San Bartolomeo, a suo tempo iscritti al corso di formazione coordinato da Edoardo.
Già questa “apertura” mostra una cifra del lavoro: si impara insieme, si condivide, si mette in opera e chissà, che si possano positivamente contaminare le scuole del nostro territorio, per farne occasione di vita e di crescita per tutti!

L’inizio di questa settimana in realtà è già, in parte, un arrivo. Tutto è cominciato, infatti, con il mio viaggio a Barbiana nel 2017, organizzato dalla Rete SOS di Bergamo. Con me c’erano anche Rita, Rosaria, Elisabetta e Luisa. Seguo in tale rete anche i “webinar” in cui l’esperienza è stata e viene ancora rilanciata. Ho partecipato, inoltre, come osservatrice nei laboratori di scrittura condotti da Rosaria Di Gaetano ed Elena Bagini, nelle loro classi a Sorisole, senza parlare delle tante telefonate ed dei “meet” con chi in questa esperienza ha creduto e investito molto.

Mi sento grata, perché ora tutto questo sta succedendo davvero anche a S. Omobono. Tanta fatica ad organizzare, a far capire che questa è un’occasione straordinaria, perché farcela sfuggire?

Si parte.

Per me il corso è già iniziato ieri pomeriggio, con l’arrivo di Edoardo, sotto una pioggia fitta, alla stazione di Bergamo, dove abbiamo avuto solo il tempo di conoscerci e di scambiarci le prime informazioni. Le attese sono già bei momenti che aiutano la mente a riflettere e a predisporsi a quanto succederà il giorno dopo. L’accoglienza al B&B da parte di Chiara ci dà la sensazione che sarà una bella settimana. A cena ci troviamo con Francesca ad una trattoria del paese. Incontri che accendono la disponibilità, la curiosità e questo mettersi in gioco, come persone, che qualifica, da subito, il nostro percorso, la migliore preparazione al “setting” del corso. Almeno così a me è parso”.

LUNEDÌ IN CLASSE

Pierangela (insegnante): “I ragazzi sanno qualcosa, ma non troppo. Sanno che c’è questo signore, Edoardo, che da ragazzino ha studiato con un bravo maestro, don Milani. La scuola era a Barbiana, nel Mugello. Per far capire la collocazione geografica, intervengo, spiegando che è la vallata dove c'è il circuito, nel quale corrono le auto e le moto! Ma ormai i ragazzi sono presi e sorpresi che da subito i banchi con le rotelle si mostrino funzionali a fare un cerchio, anche se subito dopo constatiamo la scomodità di uno spazio troppo piccolo per scrivere e tenere i materiali, che infatti cadono spesso.
Sono sorpresi anche dal fatto che ci siano alcune osservatrici che prendono nota di tutto.

Dopo essersi presentato, come allievo della Scuola di Barbiana e coautore di “lettera a una professoressa”, Edoardo ha narrato brevemente la sua esperienza di vita con don Milani, riportando anche i ricordi dei compagni di scuola che lo hanno preceduto. Infatti, lui giunge a Barbiana, per la prima volta, nell'estate del '64 e vi torna solo dopo qualche mese di riflessione, perché non era facile, di primo acchito, condividere quel modo di fare e stare insieme.

Torniamo, quindi, indietro nel tempo. Siamo nel dicembre del '54.

L'allievo racconta il Maestro”. Edoardo: “Al suo arrivo a Barbiana, un aggregato di case nel comune di Vicchio, Lorenzo trova un ambiente destrutturato: non c'è strada, non c'è elettricità né acqua corrente. La gente che vi abita è incolta e vive in una povertà estrema. Che fare?

La prima iniziativa che prende, la sera stessa del suo arrivo, è quella di inaugurare una scuola per adulti nella canonica.

Perché? Perché la scuola è più importante della strada e altre cose?”

Pierangela: “Mi accorgo di avere uno sguardo più attento del solito: osservo uno ad uno i ragazzi, i loro volti che scrutano colui che parla e, anche, si cercano tra di loro. Il modo di approcciarsi al nuovo mi permette di “vederli”, di conoscerli un po’. Tutto non sarà più come prima, per me. Nonostante i tanti anni ad insegnare, sta succedendo qualcosa di nuovo. Sto imparando alla 'Scuola di Barbiana' ”.

Edoardo: “Si capisce, da questo primo atto, che il modo di pensare di questo giovane, prete e maestro, è rivolto al popolo o, meglio ancora, privilegia i bisogni veri della gente che a lui era stata affidata.

Ma aprire un processo di apprendimento, in vetta al monte Giovi e tra contadini analfabeti, che consideri come suo fondamento la presa di coscienza, non era facile. Un montanaro di quei tempi, per quanto non sapesse né leggere né scrivere, aveva competenze di lavoro manuali incredibili. Gli stessi strumenti utilizzati nei campi avrebbero potuto, come era avvenuto di già per le case padronali, aprire una strada anche verso la chiesa e le singole case per consentire una migliore viabilità e collegamento con il paese, distante ben 6 km e che si raggiungeva solo a piedi, oppure con la treggia“.

I ragazzi non capiscono la parola, ma ciò nonostante non intervengono, forse non sono abituati. Ma si intuisce dai loro sguardi che si sono persi. Abbiamo ormai compreso che la disattenzione funge da bussola nella nostra sperimentazione!

La treggia! Ecco che si presenta il motivo occasionale!

La parola, come insegna il Priore, diventa un personaggio!

Questa parola in via di estinzione, che, scomparsa in superficie, va ripescata in profondità e quindi nel vocabolario, nessuno ormai la conosce più. Eppure, in passato, era lo strumento che, prima del boom economico industriale e prima ancora della meccanizzazione agricola, veniva utilizzato sulle nostre montagne, sia nei campi che nei sentieri appena arrangiati, per trasportare il raccolto o i prodotti da vendere in paese, il giorno di mercato. Una parola, una volta essenziale, senza la quale era impossibile capire la vita in montagna. Fra 100 anni, se tanto ci dà tanto, nessuno saprà che funzione abbia avuto l'automobile nel secolo scorso!

LA REGIA

Ecco che riviviamo in questo capitolo le prime tre fasi già descritte, ma diventa importante riprenderle, per cogliere la dinamicità del metodo, capire la trasversalità di come viene concepita e agita la regia.
Il maestro, di fronte a una parola sconosciuta o ad una domanda dell'allievo, sa, ma non risponde. Potrebbe sembrare che dare una spiegazione immediata fosse la scelta più opportuna per mantenere alto il ritmo della classe, ma non è così, perché? Questo modo di fare è parte delle strategie in uso nel nostro operare. Il docente regista dirige i lavori e interagisce con i propri allievi, ma senza sostituire completamente la centralità che, nel processo di apprendimento-insegnamento, deve essere assunta dall'intero gruppo, di cui anche lui è parte.

Infatti, il gruppo classe è qualcosa di più del singolo individuo, e nel suo disporsi in cerchio si apre alla LIM, che assume il suo significato sostanziale, ossia diventa: foglio, penna, carta geografica e storica, ma soprattutto strumento di ricerca-azione.

5° fase

la ricerca azione

L'insegnante si predispone ad ascoltare e ad osservare per individuare gli elementi motivanti. Coglie, nel dialogo, i bisogni reali e non apparenti. Rincorre i significati per contestualizzarli, storicamente e geograficamente, a partire dall'etimo di ogni parola usata. Applica in concreto l'insegnare ad apprendere, anche da soli. Ciò, perché il sapere trascende sia il maestro che l'allievo e l'educatore è regista del processo educativo. Sa di non sapere tutto, ma sa dove sta di casa la cultura!
L'attività da individuale diventa collettiva.

Comincia così il gioco di finestre che si aprono all'infinito ed in modo apparentemente caotico. Di questo non ci dobbiamo preoccupare. La neuroscienza, infatti, ci dice che così funziona il nostro cervello e che la memorizzazione avviene in modo analogico, per associazione.

Questo metodo consente non solo di spiegare una parola sconosciuta, ma anche di aprire un inciso. La treggia diventa una catena di significanti e significati che ci porta a parlare dell’economia contadina, la quale era autosufficiente, quasi autarchica, ossia ogni famiglia produceva da sé quello di cui aveva necessità. Però, c’erano dei prodotti che andavano comprati, perché non sempre e ovunque si potevano trovare.

La mancanza quasi totale del denaro e l'uso di lampade per la notte aprono le prime due mappe esperte significative: il baratto e il carburo. Le discipline si contaminano.

Comincia la ricerca-azione sui significati e la LIM subito visualizza le immagini e le relative spiegazioni. Ogni “parola-guida” la conduciamo sulla linea del tempo. Solo contestualizzandola racconterà la propria storia. Ma questo non basta! Bisogna andare oltre e pescare non solo nei libri, ma nella concretezza dei vissuti.

Edoardo invita al racconto comune, un confronto tra il mondo di ieri e quello di oggi. La nuova finestra mette a fuoco la metodologia di Lorenzo Milani, che non va applicata alla lettera, ma reinterpretata alla luce di un mondo che cambia: “Troppo spesso - racconta l'allievo - il nostro Maestro è stato mistificato.

Barbiana, purtroppo, è un luogo eternamente spento, dove nulla muta. Le qualità della nostra scuola, che il Priore attribuiva alla cultura contadina, si ritengono originate dall’eccezionalità dell'insegnante, definito dagli stessi pedagogisti di turno: “cavallo di razza”. Niente si dice sulla validità del suo metodo, considerato inapplicabile e utopico. Quindi un luogo inesistente, eppure io c'ero ed avevo ben capito che il sapere senza l'azione è inutile! Infatti se l'allievo, nel suo apprendere, non incide sulla realtà circostante, come potrà prendere coscienza della funzione che ha la cultura?

È in questo modo che Lorenzo, il tanto amato, è stato reso impotente".

Pierangela: “I tempi del dialogo sono calmi e lunghi, seguono gli spunti che vengono dal maestro e dai ragazzi. Che siano parole non scontate emerge anche dall’affermazione di Emma: “Per capire questa cosa occorre essere Einstein!”
Questo personaggio andrebbe ripreso dall'educatore-regista, magari facendo fare una ricerca specifica a Emma, che il giorno dopo sostituirà l'insegnante.

Ma i ragazzi si lasciano condurre, qualcuno si perde un po’, si distrae. Lo sguardo dell’educatore è attento ad individuare le fatiche, le fragilità, a dare loro un riconoscimento ma in positivo. Il coinvolgimento avviene anche dando incarichi, facendo apparire utile la presenza di chi potrebbe invece essere motivo di disturbo alle lezioni”.

Edoardo accortosi che il ragazzo bocciato, si ergeva a leader, rispetto agli altri allievi, passati da solo un mese dalla scuola primaria alla secondaria e di conseguenza timidi e impacciati, lo investe del ruolo di scrivere alla lavagna le parole chiave e le frasi più significative suggerite dal gruppo classe. Questa modalità ha aiutato i compagni ad imparare come prendere appunti. Edoardo spiega l'importanza che aveva a Barbiana il diritto di parola che si esercitava anche così.

Da subito il metodo si delinea: a partire dalla tecnica dei fogliolini e l’utilizzo della LIM.
Elisabetta: “ Il fogliolino si fa portavoce di un’idea che, nel suo essere accolta e condivisa, innesca un vero esercizio di democrazia e di cittadinanza. Sia i foglietto-idea che i quaderni degli appunti, nei quali si annota ciò che emerge dalla riflessione comune o dalle tante finestre che la ricerca-azione apre di continuo, servono a mantenere la memoria e a costruire il filo logico della scrittura, che altrimenti si disperderebbe”.
Francesca: “La lezione termina con 5 minuti di silenzio, un tempo necessario per consentire ad ognuno di esprimere la propria opinione. I tanti spunti di pensiero che si legano all’etimologia delle parole, al loro collocarsi sulla linea del tempo o al loro affiorare comunque nella nostra testa, diventano fogliolini-idea, dei quali anche i nostri banchi si riempiono.

Si conclude la lezione, così, con un tempo che dà ai ragazzi lo spazio e la responsabilità di riflettere su quanto si è detto e fatto. Ora scrivono decisi.

Nello svilupparsi, il metodo appare più chiaro”.

LUNEDÌ POMERIGGIO

Pierangela: “Ci incontriamo con i docenti. C'è molta attesa e anche curiosità. Proveniamo da esperienze e convinzioni diverse. Anche noi siamo in cerchio e già in questo emerge la diversità rispetto a ciò che solitamente avviene nelle nostre assemblee. Dobbiamo tornare ad essere meno imbrigliati dalle abitudini, avere il coraggio di rompere gli schemi, fare una scuola più attiva e partecipata. Sì, va bene, ma come?
Se lo domandano anche le insegnanti appena arrivate.

L’esperienza concreta del mattino viene ben ripresa da Francesca e da Elisabetta. Parlare di casi concreti, di alunni in carne ed ossa, aiuta a rappresentarsi il contesto e ad immaginare qualcosa di simile nella propria realtà educativo-didattica.

La domanda nasce spontanea: come conciliare il motivo occasionale con il motivo profondo del ragazzo? “

5° fase

Occorre avere un approccio globale alla conoscenza. Nel concreto, partire da un atteso imprevisto (la treggia, il carburo, Einstein ...) per costruire la tematica. La motivazione va individuata e rafforzata in vari modi. Il sapere si costruisce in modo analogico, per associazione e il tempo va a ritroso. Una vera e propria costellazione di significanti circonda l'elemento motivante di eventi e di parole.
Pierangela: “La difficoltà di vedere un video sull’esperienza di Mario Lodi ci fa perdere un po’ di tempo, ma diventa anche occasione per toccare con mano l'importanza di preparare bene il contenitore educativo e rendersi conto che gli ostacoli possono presentarsi all'improvviso.

Ci lasciamo con una prima impressione scritta a nostra volta sui fogliolini.

Una domanda su tutte resta sospesa e ce la offre la maestra Nora: “Quindi? Perché non si cambia, perché NOI non cambiamo?”

Edoardo: “Barbiana è la scuola che costruisce la scuola. È il luogo dove il momento della fruizione dello strumento didattico coincide con il tempo e il luogo dove lo si produce, creando una totale sintonia tra i luoghi dell'apprendimento e la vita. Questo è uno dei motivi, forse il più importante, per cui la didattica parte dal contesto di realtà.

È qui che cova la motivazione, perché è all'interno di tale ambiente che vivono gli allievi, uno spazio che non è soltanto materiale, ma anche virtuale. Quindi, se i contenuti emersi sono validi, il processo educativo scatenato, in concomitanza dell'analisi conoscitiva del problema, deve per forza modificare la realtà circostante e interiore, sempre che si vogliano soddisfare i bisogni veri di ogni individuo e non solo quelli dell'apparato.

Qui scaturisce anche il motivo per cui non si danno compiti a casa. Ciò si giustifica col fatto che si dà continuità alla ricerca, la cui mappa, o immagine mentale, riassume in sé gli aspetti scaturiti, non solo dalle relazioni interpersonali avvenute in classe o nel territorio in cui si abita, ma anche dall'incontro significativo che un individuo deve avere con la propria rappresentazione interiorizzata”.

MARTEDÌ MATTINA

Pierangela: “Il “setting” è già predisposto. Edoardo riassume cosa si è fatto e spiega cosa si farà. Ha già inserito i vari fogliolini, sommariamente divisi secondo uno schema provvisorio: “scuola di ieri/scuola di oggi”.
Le domande s'infittiscono: la scuola di Barbiana era povera? Voi che cosa ne pensate? Un attimo di silenzio. Il silenzio può essere significante anche più delle parole!

Queste domande interpellano direttamente i ragazzi. Alcuni le accolgono, altri si vede che non sono abituati a mettersi in gioco: si mostrano più passivi e adeguati ad una scuola che chiede loro solo di ripetere, di imparare tante cose, forse meno di suscitare domande o di essere capaci di ascolto.

I ragazzi hanno capito bene il compito/non compito e riportano le parole dei loro nonni, nei loro ricordi di una vita ormai lontana. Così scopriamo tante affinità tra i montanari del bergamasco e quelli toscani. Emerge anche un aspetto peculiare della valle: la lunga migrazione dei suoi abitanti. Un aspetto significativo, un utile imprevisto, che annotiamo come fogliolino-idea per gli insegnanti coinvolti, interessati a svilupparlo.

I contadini erano molto solidali. Nelle vendemmie, nella raccolta dei prodotti si aiutavano tra loro. “Anche nella nostra valle erano poveri. 'Polenta e picà sö' è un nostro detto che significa “polenta e batti sopra”, ossia, batti la polenta sull'aringa che pendeva da una trave. In poche parole - ci dice l’insegnante Messi, riportando un racconto di sua nonna – dell'aringa si prendeva solo l'odore”.

È normale che durante la lezione succeda che l'attenzione diminuisca ed è un aspetto che l'insegnante non deve sottovalutare. Quando cala, bisogna staccarsi un po' dall'argomento dibattuto. Dobbiamo trovare nuove strategie e cercare un nuovo elemento occasionale o atteso imprevisto. Eccolo! Qualcuno, parlando di ieri e oggi, ricorda che quest'anno dobbiamo fare il Medioevo. È di per sé un suggerimento.

Cogliendolo, Edoardo dice: “Che ne pensate di guardare insieme un documentario sul passaggio dall’Impero Romano al Medioevo?”

Pierangela: “Edoardo riaccende l’interesse dei ragazzi e si cambia argomento, o meglio, si sviluppa una tematica utile a ricomporre lo schema storico, che nel dialogo era apparso debole e frantumato.

Vediamo un bel video sulla caduta dell’impero romano e sulle invasioni barbariche, che ci serve poi a delineare una prima grande suddivisione della linea del tempo.

Il procedimento utilizzato evidenzia l’importanza delle strategie motivazionali. Ad esempio, se cala l’interesse, si cerca un video che attiri l’attenzione dei nostri nativi digitali. Tutto però ha uno scopo: far prendere coscienza e arricchire il vocabolario di tutti e di ciascuno.

Dopo la visione del video si abbozza, alla lavagna, una linea del tempo: una interessante ricostruzione collettiva dall’anno 0 al 2000, dalla nascita di Gesù Cristo a oggi. Si divide la linea a metà e iniziano le domande: “Cosa c’è stato in mezzo?”

La risposta è immediata: “Il borgo”.

Scopriamo che la stessa parola può cambiare nel tempo. Esempio, “borghese”, nasce nell’anno 1000, e ha il significato di abitante del borgo. Dante era orgoglioso del suo essere borghese. Qualcuno ricorda che è l'anno di Dante. Edoardo ci propone Giotto come il giornalista dell'epoca. Ecco due motivi, il primo occasionale, l'altro veicolato e veicolante, oppure profondo come avrebbe detto il Priore di Barbiana”.

Elisabetta: “La citazione di importanti personaggi della storia ci consente di interrogarci e dialogare sulla loro vita e i loro diversi modi di pensare, facendoli rivivere nell’immaginario dei ragazzi”.

MARTEDÌ POMERIGGIO

Pierangela: Di pomeriggio, si riparte confrontando significative esperienze vissute da altre scuole, come “Cambiare la scuola si può” dell’Istituto Gandhi di Prato e della scuola di G. Zavalloni, con i quali Edoardo ha prodotto materiali interessantissimi. Insieme si riflette su un video che mostra Mario Lodi in azione mentre fa scuola. Si capisce dal suo comportamento che per lui era importante parlare con i bambini: “finché non si è creato il giusto clima collaborativo, non si inizia e non si va avanti …”.

MERCOLEDÌ MATTINA

Edoardo spiega il significato del prendere appunti. Porta come esempio il quaderno di una bambina della scuola primaria e lo fa girare tra i ragazzi. Ecco come anche un'alunna può salire in cattedra!15. Il suo modo di prendere gli appunti e di segnare quanto emerso nel corso di scrittura collettiva aiuta a capire qualcosa di più.
Si prosegue con la scrittura collettiva, proiettando sulla LIM il contenuto di ogni fogliolino, invitando i ragazzi ad intervenire.

Chi appare più bisognoso di avere un ruolo attivo, viene messo alla tastiera. Scrivere è una modalità che gli permette di acquisire sicurezza e autostima, oltre che di dare il proprio contributo.

La lezione delle lezioni è fare in modo che gli alunni siano guidati ad aiutarsi tra di loro e ad autocorreggersi, con un intervento immediato sul campo, senza avere fretta e senza alcuna presunzione. Anche l’insegnante deve vivere l'attesa, e correggere soltanto in casi estremi, dopo che il gruppo abbia sufficientemente elaborato il testo. Tuttavia è importante il suo intervento quando gli alunni si distraggono e si annoiano.

L'esperto indica via via la tecnica per scrivere un libro, una lettera o anche un semplice periodo. Dopo un po’ cerchiamo video sulla popolazione europea nel Medioevo e parliamo di borghesia, nel suo significato etimologico e storico.

Insomma, gli argomenti curricolari, che, secondo il nostro metodo, l'insegnante dovrebbe avere sempre presenti, si intersecano e assumono significato dentro ciò che andiamo ad approfondire.

Sono le domande che, con la loro forza progressiva, generano i nuovi percorsi didattici, che a loro volta si autogenerano con argomenti e modi diversi di insegnare.

Il tempo è poco, ma la scrittura collettiva proseguirà nel tempo anche dopo la partenza di Edoardo.

MERCOLEDÌ POMERIGGIO

Nel pomeriggio con i docenti si torna a sottolineare l'importanza di partire dal contesto di realtà e di considerare il valore della cultura informale, di cui la classe è portatrice. Quindi, abbiamo riflettuto sull’esperienza di Mario Lodi, ben rappresentata nel documentario prodotto dalla Rai, che ci ha permesso di focalizzare alcuni aspetti comuni con l’esperienza di don Milani: operare sugli eventi reali, orientare la motivazione verso gli obiettivi curricolari e aprire la scuola alle risorse del territorio.
Il video ci ha restituito tutti i colori di un modo di fare scuola che è piena aderenza al contesto di vita degli alunni e ci ha fatto vivere il piacere di essere insegnanti-registi. Non serve molto in termini di tecnologie e materiali, ma è necessario un tempo lungo, che accompagni gli alunni nella costruzione del sapere e anche nella costruzione del sé.

Nell'apprendimento cooperativo, la soggettività emerge in quanto si specchia nello sguardo dell’altro. E’ l’altro che mi riconosce, che riconosce il mio contributo e compone la mia identità.

Edoardo ce lo ripete, ma il senso di tutto ciò si svela piano piano. Lo abbiamo sperimentato nei percorsi fatti, ma fatica a diventare uno dei capisaldi del nostro operare. Siamo invitati a seguire uno schema logico, un filo rosso che andiamo dipanando via via, ma in realtà siamo incalzati da una didattica quantitativa e da programmi che esistono solo nominalmente.

Senza la conoscenza dell'allievo, non è possibile andare a fondo e provocare il cambiamento. Perché, vissute dai bambini e dai ragazzi, le esperienze sono più “vere” ed entrano a far parte della loro conoscenza e della loro crescita. La scuola deve poter essere la cassa di risonanza della realtà, e viceversa: l’esperienza vissuta a scuola risuona a casa e nel loro contesto di vita.

Elisabetta: “Questo cammino allontana dall’omologazione che richiede a tutti la stessa cosa e, al contrario, valorizza l’apporto di ognuno in una concertazione delle diverse competenze, per esercitare al massimo le capacità di ognuno, non rendendolo attore di un sistema, ma cittadino sovrano, consapevole del proprio valore attraverso l'apprendimento e il sapere”.

Pierangela: “Bella la definizione del “maestro incarnato”, che chiede la collaborazione del territorio e di quanti lo vivono, in quanto esprimono i valori e i problemi di carattere generale, che la scuola deve sapere accogliere, aiutando i ragazzi a riflettere.

Edoardo invita sempre a considerare che il maestro incarnato è anche colui che si mette intimamente in gioco per creare l'empatia necessaria, portando nel proprio insegnamento la sua indole, le sue passioni, la sua formazione, il suo sguardo verso i saperi e la realtà contestuale da cui si parte”.

Elisabetta: “Il maestro incarnato è anche il maestro che porta nel proprio insegnamento la propria formazione, le sue passioni, il suo sguardo verso i saperi e la realtà contestuale da cui si parte. Esiste anche la realtà del maestro a cui egli deve aderenza per essere credibile e creduto. Non per indurre una visione viziata da personalismo, ma per animare con la propria passione un sapere consegnato agli alunni, perché ne diventino coproduttori e coprotagonisti.
Se il Giotto giornalista, già citato, dipingeva i quadri perché venissero osservati e da essi si apprendessero gli eventi, Marina Abramovich, nella sua performance al Moma di New York, chiede al pubblico di divenire irrinunciabile coprotogonista per quei minuti in cui lo spettatore e l’artista si guardano in silenzio al centro di una stanza. Non è forse la trasformazione da spettatore a attore che vorremmo per i nostri alunni in questa esperienza? E in questo appunto, ad esempio, non emerge forse il mio amore per la storia dell’arte?”
Pierangela: “E’ il pomeriggio in cui ci mettiamo in contatto con Elena Bagini, straordinaria maestra che da anni mette in campo la scrittura collettiva. L’abbiamo fortemente voluta contattare, perché ci ha portato la sua freschezza ed energia, insieme ad una bella dose di pragmatismo, che a noi insegnanti piace. Ci spiega in pratica come si è mossa, quali motivi occasionali ha utilizzato e in che modo li ha veicolati. Nel contempo ci ha fatto desiderare di vivere un’esperienza altrettanto significativa, applicando le modalità della scrittura collettiva dentro la realtà della scuola primaria. E’ molto piaciuto il suo intervento, ha fatto ben immaginare quanto sta sperimentando nel suo contesto.

Guardo i miei colleghi e sento che questi discorsi stanno facendo sorgere domande, suscitano riflessioni, accendono il desiderio di fare. L'insegnante osservatrice, stimolata dall'idea di un Giotto giornalista, suggerisce un percorso per immagini. Una proposta da non sottovalutare e da riprendere in altre discipline, come la religione e l'arte, ma anche questo è soltanto un esempio di come si possa andare avanti, abbandonandosi al processo spontaneo della curiosità”.

Elisabetta: “Il toccare molte discipline permette di intercettare i diversi interessi dei ragazzi e fa sì che tutti abbiano qualcosa da dire”.

GIOVEDÌ MATTINA

Pierangela: “Di mattina con i ragazzi si affonda sul tema della scrittura collettiva e sulle modalità utili per strutturare il testo: si chiarisce la metodologia da seguire.
È tempo di cambiare strategia, perché ci accorgiamo che l’attenzione dei ragazzi va recuperata e allora è il momento di sorprenderli.

L'educatore regista invita i ragazzi a chiudere gli occhi e a lasciarsi andare alla fantasia. I ragazzi spontaneamente chiudono le tende. Sono sorpresi ed incerti ed anche le insegnanti lo sono. Lentamente il brusio sparisce.

“5 milioni di anni fa dove eravamo?” Sugli alberi e allora cosa succede?” - chiede Edoardo”.

E’ una linea del tempo immaginata. Si torna indietro al tempo in cui l’uomo deve scendere dall’albero e attraversare la prateria. La narrazione e l’immaginazione supportano la comprensione. Bellissimo!

Dimezziamo ancora i due segmenti:

“Quale avvenimento importante si è verificato intorno al 500 dopo Cristo?”

Qualcuno cerca la parola “Barbaro” e scopre che per i Greci era colui era colui che non parlava la loro stessa lingua. Così, la parola “barbaro” veicola il passaggio all'argomento successivo: le invasioni barbariche e il crollo dell’Impero Romano, che hanno la funzione di verificare i livelli di memorizzazione e allo stesso tempo di integrare la cultura informale del gruppo e di consolidarla in ogni individuo. Un'operazione che si presta anche ad uno degli obiettivi essenziali del nostro metodo: inserire e ordinare le tante informazioni ricevute nel tempo in un unico schema logico.

“Quale avvenimento importante c’è stato intorno al 1.500 dopo Cristo?“

Si arriva ad anticipare il programma, qualcuno se ne preoccuperebbe, in una logica che conduce ad un approccio globale alla conoscenza e che comincia a contaminare le discipline tra loro.

Nel rispetto di quelle che sono le indicazioni nazionali, si inverte il modo di insegnare, ancora basato sul calare dall'alto verso il basso tutto lo scibile, e si procede tenendo presenti gli obiettivi curricolari.

attività di gruppo

Un gruppo, denominato i “creativi”, costruisce e disegna la linea del tempo su strisce di carta, che in seguito abbiamo incollato sui muri dell'aula. In questa attività sono stati coinvolti: alcuni ragazzi/e, il collega di matematica che ha gestito il gruppo e il personale ATA, che ha procurato i materiali.
Nascono più gruppi di lavoro.

Elisabetta: “Dividere la classe in gruppi è una metodologia importante per coinvolgere tutti, responsabilizzare iragazzi verso il compito ricevuto e per favorire la socialità nel momento in cui l’alunno-relatore spiega ai compagni quanto il suo gruppo ha realizzato”.

Si respira aria di soddisfazione nel momento in cui si mette la linea del tempo sui muri dell’aula.

L'insegnante di Storia e Geografia, che ha partecipato come osservatrice al nostro laboratorio, prosegue istintivamente la propria lezione nell'ora successiva, utilizzando lo strumento e arricchendolo sempre di più con eventi passati e presenti, ma sottolinea l'importanza di prevedere anche il futuro. Altrimenti a cosa serve la scuola? Cosa significa scuola?

Ecco che scholé racconta per intero la sua storia.

Nel Timeo, siamo nella Grecia antica, Platone parla del tempo: AION è il tempo dell’Essere, della divinità, CHRONOS è il tempo del divenire, SCHOLÉ, il tempo della riflessione. La parola scuola masce, quindi, come indugio, lentezza, si trasforma poi in dialogo e tempo liberato dalle fatiche quotidiane, si consolida come spazio e luogo dell'apprendimento e infine si svilisce come parola fino a significare il suo contrario, ossia un luogo dove si corre, si rifiutano le pause, non si dialoga etc..Scopriamo che la parola cambia nel tempo e che il suo significato può diventare l'opposto di ciò che era quando è nata.

GIOVEDÌ POMERIGGIO

Nel pomeriggio si parla di democrazia che la Scuola dovrebbe esercitare e non solo predicare! Si riflette su una Scuola come attività sociale, come tempo e luogo in cui nessuno e niente deve andare perduto.
Vengono, inoltre, illustrati e condivisi i software didattici implementati dal Centro Territoriale Handicap di Prato. La visione dei materiali prodotti alla scuola dell'infanzia della Tignamica, utilizzando la tecnica della scrittura collettiva, svolta con gli gli insegnanti e gli allievi e con la regia di Edoardo, ha dimostrato che il metodo potrebbe funzionare anche coinvolgendo i bambini più piccoli che ancora non sanno scrivere.

Alcuni interventi dei colleghi sottolineano che questo percorso ci sta facendo sempre più capire l’importanza dell’essere qui e ora, saper cogliere il qui e ora dei ragazzi, altrimenti cadiamo nell’inutile e lamentoso confronto con un passato che non c’è più. Ecco l’importanza del “partire da dove sono loro”. C’è il timore negli insegnanti – di solito i più motivati e appassionati – di non essere all’altezza (vuoi mettere don Milani! Mario Lodi!). Fa ben sperare il fatto che queste esperienze si stiano condividendo in rete, risorsa straordinaria che va sostenuta ed estesa, non solo dentro il nostro Istituto Comprensivo, ma anche con le altre scuole. E’ sicuramente difficile per noi cambiare paradigma, ma è possibile e necessario.

Di sera, l’esperienza si arricchisce con un'intervista a Edoardo della dirigente di Sorisole, Rita Fumagalli, per iniziativa di “Molte fedi sotto lo stesso cielo18”. Le loro riflessioni, fatte anche in streaming, e seguite anche dal gruppo in presenza nell’aula magna dell'I.C. Di Santomobono, sono state veramente incisive e ci hanno permesso di dimostrare, a quanti hanno seguito, l’applicabilità della Pedagogia di Lorenzo Milani.

https://www.youtube.com/watch?v=6dRHDz_wTIM 20

VENERDÌ MATTINA

La classe si anima nel momento in cui i ragazzi (che si erano presi l’incarico di disegnare) devono incollare sulla linea del tempo le immagini della nascita del sistema solare, della presenza e scomparsa dei dinosauri, dell’uomo sull’albero e dell’uomo che incomincia ad usare il linguaggio.
Il discorso prosegue e si toccano i temi dell’evoluzione e della metamorfosi.

E’ poesia quando i ragazzi vedono la metamorfosi di una farfalla o il pesce del Nicaragua che ha le zampe o il tritone più grande della Terra.

Il tempo a nostra disposizione sta finendo e allora si vuole giustamente dare una chiusura significativa.

Si torna ai fogliolini, si scrive cosa ci è piaciuto, ciò che ci piacerebbe fare, che altro dire alla nostra Dirigente (interlocutrice del nostro testo collettivo).

La chiusura della mattinata inizia con l’overshoot day (che cos’è, perché, cosa fare…) e si giunge al mito di Prometeo ed Epimeteo.

La narrazione come sempre prende i ragazzi ed è metafora di qualcosa su cui essi certamente dovranno tornare a riflettere e lavorare in classe. I miti, si sa, incrociano sempre i significati profondi della vita.

All'improvviso la didattica si autogenera e le domande si accavallano, stimolate anche dagli osservatori e dagli allievi/e. Si scopre che bisogna cambiare la scuola per renderla più significativa. Ecco che il maestro si rivolge alla classe:

“Voi ragazzi, dovete aiutarci a capire. Noi insegnanti vi chiediamo: “Andate a scuola volentieri?”

Pierangela riassume così le prime risposte: “Quella, che ho visto in atto questa mattina, è una scuola non più basata sulla mera trasmissione del sapere, sul controllo, sull’appiattimento dell’apprendimento, sul giudizio, che non rispetta, di conseguenza, la diversità. Ho visto una scuola che è basata sul dialogo”.

Edoardo continua nella sua narrazione, che iniziata il primo giorno del suo arrivo, era stata interrotta dalla tante domande dei ragazzi e che si era persa per strada. Riprende dal punto in cui descrive il momento in cui don Milani fa prendere coscienza dell'importanza della cultura.

“Come ben ricordate, non lo fa nei termini più tradizionali dell'apprendere a leggere, a scrivere e far di conto, perché ciò non avrebbe trovato rispondenza in un contesto in cui tutti erano degli analfabeti. Deve trovare un grimaldello appropriato che tiri fuori la motivazione profonda. Non parte quindi da Dante o da Giotto, come abbiamo fatto noi, ma da un elemento estraneo ai programmi scolastici, ossia da una necessità impellente da lui percepita anche se non palesemente espressa dai giovani della parrocchia, isolati sul monte Giovi. Questo motivo occasionale, subito intuito, induce don Milani ad organizzare un corso per prendere la patente del motorino.

Ricordate? È qui che ero rimasto nello spiegare la mia storia a Barbiana.

Come trasformare un momento di formazione in scuola permanente? Come veicolare tale desiderio apparente verso il motivo profondo di un vero accesso alla conoscenza e incanalarlo, in seguito, verso l'obiettivo curricolare?

Qui sta il segreto della Scuola di Barbiana! Il nostro Priore aveva sentito, sulla propria pelle, il disagio che provocava un isolamento così grande. La lontananza dai luoghi vitali, come quelli dello studio ed del lavoro, diventava la motivazione su cui fare perno. Del resto per prendere la patente bisognava andare sui libri. Uno scalino indispensabile per iniziare ad uscire dall'emarginazione che solo l'istruzione poteva eliminare.

Così, lo ripeto per rinforzare l'importanza di trasformare lo studio in azione, fu la scuola a costruire la strada, il rudimentale acquedotto e a lottare per costringere l'ENEL a portare l'elettricità anche in vetta al monte Giovi”.

LA TECNICA DEL FOGLIOLINO

A questo punto Edoardo spiega e rinforza la tecnica del fogliolino-idea.
“È la stessa tecnica con la quale abbiamo scritto la “lettera a una professoressa”. L'arte dello scrivere s'impara attraverso passaggi dinamici, ma ben strutturati. Ogni fogliolino deve contenere un unico concetto o pensiero.

Dopo il racconto dell'allievo di Barbiana, i ragazzi scrivono sui loro fogliolini. Viene dato un tempo di 5 minuti per la scrittura. Tutte le opinioni si riversano sul tavolo in attesa di trasformarsi in idee condivise. Raccolte in un cestino, vengono estratte una alla volta. Cominciamo a revisionare i testi e a scrivere insieme. Lavoriamo un po’ come i muratori, quando arricciano l'intonaco e poi con calma lo rifiniscono. Finalmente tante mani alzate! I ragazzi si sentono più tranquilli. Tutto è anonimo e questo consente una completa libertà.

Man mano che leggiamo le frasi, le “miglioriamo” e le “verifichiamo”.

la grammatica

Il testo collettivo si amplia e cresce, nei significati che diamo ad ogni parola e nei contenuti che via via emergono e che inseriamo, utilizzando incisi, qualificazioni, avverbi e congiunzioni. La grammatica, con le sue regole memorizzate direttamente sul campo, diventa una bussola per muoversi dentro il testo.
Pierangela: “La digressione sulla grammatica casca a fagiolo, per far capire ai ragazzi che nella scrittura è bene essere chiari e farsi capire. Spontaneamente si presenta come filo conduttore anche l'analisi logica. In questo modo, uno degli ultimi fogliolini dei ragazzi descrive questa fase della Scrittura Collettiva:

“Questo laboratorio mi è piaciuto molto perché abbiamo trattato diversi argomenti: grammatica, storia e scienze. In grammatica abbiamo parlato di come si compone una frase e come scrivere un testo o una lettera. In storia abbiamo parlato della scuola ai tempi dei nonni, della linea del tempo e dell’evoluzione dell’uomo. In scienze abbiamo parlato dei mammiferi, degli anfibi e dei rettili. E’ stato molto interessante!”

Il ragazzo bocciato e annoiato va responsabilizzato per recuperalo ad un rapporto collaborativo. È lui che ha introdotto, uscendo fuori tema, il medioevo, quello che poi è diventato l'atteso imprevisto, utile a recuperare l'attenzione di tutti.

La “pedagogia dell'aderenza”, come abbiamo visto, da centralità al gruppo classe e sono i ragazzi stessi a trasformarsi in mediatori del conflitto e, nel contempo, stimolatori d'interesse. I piatti che vengono presentati sono ricchi e variegati. Anche quando sono fuori tema consentono di capire il clima e il ritmo della classe, nello stesso tempo e nella spontaneità fanno emergere i desideri di ognuno di loro. Le disquisizioni che si presentano non sono distrazione, ma manifestano il livello reale di ogni alunno.

Francesca: “Ricomposto, molto lentamente e dopo una prima rilettura completa, lo schema è suddiviso in tre capitoli, ieri, oggi e domani. Ogni fogliolino viene inserito nel modo appropriato e per l'argomento che esprime. Il metodo funziona, eccome! Ora sta al regista non perdere il capo e attenersi alle regole dell'arte dello scrivere insieme.

È una vera e propria ammucchiata! Sembra di perdere il filo logico. La regia in questi momenti caotici è importante. Perché tanti e diversi sono gli argomenti che rimbalzano, anche completamente nuovi come: “Già 40 anni fa si parlava di problemi climatici, ma la bassa attenzione della popolazione…” approfondiamo e cerchiamo qualche dato sugli overshoot days”.

VENERDÌ POMERIGGIO

Insieme al gruppo degli insegnanti, interessati al metodo proposto, si prosegue e si cuce la nostra esperienza del mattino con quella del pomeriggio. Si sottolinea come questo nostro percorso sia in effetti un processo di cambiamento, una trasformazione che parte dal basso, da noi insegnanti. E qui rispondiamo alla domanda della maestra Nora.
L’intervista della Rai ai ragazzi di Barbiana, autori della “lettera ad una professoressa”, ci aiuta a focalizzare i concetti.

Alcuni dati riportati da Edoardo rendono ben visibile l'emergenza scolastica.

Dai dati, dedotti dalla ricerca Tullio De Mauro, i ragazzi scoprono che la situazione di oggi, a livello culturale, è forse peggiorata, rispetto al dopoguerra. Abbiamo più abilità informatiche, per esempio, ma meno competenze cognitive. Ciò significa che questo nuovo analfabetismo, definito di ritorno, produce quel sapere onnipotente che sta impedendo ogni forma di dialogo. Tutti sanno, ma non esiste più la dialettica. Il motivo? Il 72% degli italiani non comprende un testo mediamente complesso , come ad esempio un articolo di giornale, che a Barbiana si leggeva tutti i pomeriggi. I ragazzi di oggi si diplomano con un vocabolario attivo di solo 500 parole rispetto ai loro coetanei degli anni 90, che ne utilizzavano 2.000.

Pierangela: “La parola torna agli osservatori. La collega Rosangela espone e condivide quanto ha colto e vissuto il mattino. E’ fondamentale avere un compagno di viaggio con cui si può leggere e interpretare quanto avviene in classe. Capire come proseguire insieme, intrecciando i saperi di ognuno e i contenuti/competenze curricolari su cui lavorare in modo interdisciplinare (unitarietà del sapere). Anche Francesca ed io sottolineiamo l’importanza di osservare“ e vedere” gli alunni, per riconoscere il loro essere individui. La varietà delle proposte permette, un po’ a tutti, di avere qualcosa da dire e questo è un ottimo collante per la costruzione del gruppo e di ogni singolarità.

Edoardo riassume, in modo sistematico, la metodologia dado importanza alla necessità di legare gli interventi degli alunni e di ricondurli ad una mappa concettuale comune, dentro la quale si ritrovano e si rinforzano sia la motivazione ad apprendere e sia il piacere di stare insieme”.

Che cosa ci portiamo a casa?

Abbiamo capito che il motto “I care” ha bisogno del nostro contributo per essere pedagogia e didattica; la passione e la motivazione nell’insegnare chiedono di essere calate dentro il contesto di realtà; il motivo occasionale e quello profondo operano in sinergia, sta a noi coglierli e svilupparli; l’ascolto sta alla base, così come il vedere le individualità di ogni bambino; le risorse del territorio sono da valorizzare, sono il substrato che permette al maestro di operare dentro la realtà dei propri alunni per trasformarla.
La scuola ha una funzione sociale che si può realizzare solo in rete.

ALLEGATO

ULTIMI FOGLIOLINI DEI RAGAZZI DI PRIMA A

VERIFICA - venerdì 8 ottobre 2021

Riporto i fogliolini scritti l’ultimo giorno passato con Edoardo. E’ evidente il modo piuttosto frettoloso con cui li hanno scritti, ma forse risultano così più evidenti le emozioni genuine sperimentate, di piacere e curiosità, talvolta anche di noia e disinteresse (almeno apparente o ostentato per mantenere il proprio ruolo alternativo nella classe). Per noi docenti e per Edoardo, spunti su cui riflettere.

FAVOREVOLI 35 fogliolini

Dopo questo percorso mi sono sentita bene.

Giunti alla fine di questo percorso devo dire che mi è sembrato bello.

Questa esperienza mi è piaciuta molto perché ci racconta come venivano a scuola i bambini, gli alunni di don Milani, e cosa si portava.

Questa esperienza è stata interessante.

Questo laboratorio mi è piaciuto molto perché abbiamo trattato diversi argomenti: grammatica, storia e scienze. In grammatica abbiamo parlato di come si compone una frase e come scrivere un testo o una lettera. In storia abbiamo parlato della scuola ai tempi dei nonni, la linea del tempo e l’evoluzione dell’uomo. In scienze abbiamo parlato dei mammiferi, degli anfibi e dei rettili. E’ stato molto interessante!

A me dispiace molto che questo sia l’ultimo giorno passato con Edoardo Martinelli. Spero che venga a trovarci presto e che ci racconti altre cose.

Grazie, Edoardo, che mi hai fatto imparare cose nuove. Spero di rivederti presto.

Mi è piaciuto il percorso che abbiamo fatto fino adesso, anche se è stato breve.

Il percorso scolastico che abbiamo fatto fino ad oggi è stato bello, tranne per una cosa, cioé i banchi. All’inizio sembravano molto comodi, ma ultimamente si sono rivelati molto piccoli e soprattutto scomodi, infatti ogni giorno vado a casa con il mal di schiena.

Con lei profe vorrei imparare molte cose.

Mi è piaciuto molto questo percorso perché abbiamo parlato di dinosauri e imparato cose nuove. Mi è piaciuto aver fatto questo lavoro con Edoardo.

Edoardo, ti auguro di insegnare a scuole sia medie sia elementari perché questa cosa è stata interessante, soltanto che ha portato via molto tempo.

All’inizio di questo lavoro mi annoiavo, mentre ora non più.

La cosa che mi è piaciuta di più è la linea del tempo.

Durante questi cinque giorni con Edoardo Martinelli ho scoperto e imparato cose nuove, che io non sapevo. Ero molto interessata a quello che diceva Edoardo. Questo percorso con lui mi è piaciuto molto. Vorrei che avessimo ancora più tempo per ascoltare Edoardo e le sue avventure nella scuola di Barbiana.

Con lei profe mi piacerebbe continuare questa attività.

Questa cosa mi è piaciuta molto e vorrei poterla ripetere.

Vorrei dire ad Edoardo che è molto bravo a spiegare e ad approfondire argomenti molto interessanti.

Con lei mi piacerebbe continuare questa attività con Edoardo Martinelli.

Questo corso è stato interessante e allo stesso tempo divertente ed istruttivo.

Il mio argomento preferito che abbiamo fatto è la metamorfosi perché mi piacciono gli animali che mutano forma come le farfalle.

E’ stato divertente.

Mi è piaciuto tanto parlare della scuola di Barbiana.

Vorrei dire che è stato divertente con Edoardo e spero di rivederlo.

A me è piaciuta questa esperienza con Edoardo perché penso che tutti ci siamo divertiti, ma anch’io mi sono divertito.

Buongiorno, Preside. Questa attività con Edoardo mi è piaciuta. Cordiali saluti.

L’esperienza con Edoardo mi è piaciuta molto.

L’avventura con Edoardo mi è piaciuta, soprattutto quando abbiamo visto la metamorfosi della farfalla.

E’ stato divertente mettere i banchi nel modo in cui li abbiamo messi.

Questo percorso è stato molto divertente e ho imparato molte cose, anche su don Milani.

Questo percorso è stato abbastanza divertente.

Descrivo con poche parole come mi sento al termine di questo percorso, perché certe volte ne servono poche, quelle poche però devono venire dal cuore, le mie sono semplicemente queste: non voglio essere troppo banale, ma lo dico veramente che mi è piaciuto (perché a volte le più semplici sono le migliori).

E’ stata un’esperienza supermega wow!

CONTRARI

Il corso non mi ha stimolato e vorrei che si facessero le lezioni senza diminuire le ore.

Io penso di non voler continuare questo corso perché non mi piace e mi annoia.

INCERTI

Il corso è stato bello e interessante. [Lo stesso alunno poi ha riscritto: Il corso non è stato bello e (è stato) annoiante].

Questa avventura non mi è piaciuta tanto, anche perché ci ha fatto perdere molte ore delle altre materie. Però da una parte mi è piaciuta perché abbiamo conosciuto molte cose sulla scuola di ieri. La vorrei rifare, però con meno tempo, così abbiamo tempo anche per le altre materie. Spero che Edoardo insegni queste cose anche ad altre scuole perché mi sa che anche lui si è divertito.

Mi piacerebbe rifarlo, però massimo un’ora, non due, perché porta via tanto tempo alle altre materie. Però mi è piaciuto e magari Edoardo quando vuole può venire a vedere quello che facciamo.

Per me questa scuola è bellissima, anche se all’esterno non è molto bella.

Fogliolini estrapiolati dalla narrazione di Edoardo e non ancora utilizzati

Francesca: L’albero comincia a popolarsi troppo, nasce l'esigenza di trovare più cibo; l’ominide scende dall’albero e deve attraversare la prateria; per poter prevenire i pericoli si alza sui due piedi (e questo innesca l’evoluzione verso il bipedismo) …


Elisabetta: io mi sono appuntata che quando Eva “scende dall’albero”, esce dal paradiso, deve iniziare a procacciarsi il cibo e l’uomo diventa simile a Dio perché crea il proprio futuro.

Ciò che facciamo è legato all’universo e a una memoria collettiva spesso raccontata nei grandi miti.

Con l’arrivo dell’Homo erectus, si modificano gli atteggiamenti dell’uomo e anche il suo corpo. Compare l'ugola e con essa il linguaggio; il linguaggio sviluppa la capacità intellettiva e il cervello. Modifica biologica e comportamentale si intrecciano in un circolo virtuoso.