Nevio Santini-Scuola di Barbiana

Nevio Santini

Nevio Santini

allievo di don L. Milani

IL SANTO SCOLARO



Nevio Santini, nato a Vicchio nel 1948, allora quindicenne, allievo dal 1961, così ricorda la nascita del Santo Scolaro:

Con la signora Giuseppina, moglie dall'avvocato Melli, trovatasi a Barbiana si fece questo disegno, prima col lapis, e poi, i vetri che vedete furono presi alle vetrerie di Pontassieve, a una quarantina di chilometri da qui. Si andava e si prendeva delle balle piene di scarti di vetro. Insieme a noi ragazzi, la moglie dall'avvocato e Don Milani segnarono su questo vetro questo personaggio, e da qui si cominciò. Quando arrivammo a dare il volto tutti volevano suggerire un volto di uno dei ragazzi, chi diceva Nello, chi Franco... però non veniva come desideravamo: allora il Priore pensò di fare un fraticello con l'aureola sopra, e un libro davanti. Così venne risolto il problema del volto.
Poi il Priore disse "sapete come si chiama?" Noi eravamo tutti curiosi: "Si chiamerà il Santo Scolaro". Guardate come sono stati fatti i fiori del mosaico. A differenza dei ragazzi che cercavano di riprodurre i fiori nei particolari, il Priore diede loro una lezione di disegno, dicendo che i fiori si potevano solo accennare senza fare il singolo petalo ma abbozzare solo la forma di un fiore. Qui si vedono quelli fatti da Don Milani a dimostrazione di quanto detto. Poi il prete di Vicchio, sapendo che aveva fatto questo mosaico e che si chiamava il Santo Scolaro, disse: "Ma cosa fa quello? ne ha combinata un'altra... fa i santi a modo suo, il Santo Scolaro non esiste!" ma lo conosceva bene... fra l'altro don Vecchiano, sacerdote di Vicchio, quando i cappellani militari si riunirono per fare quel comunicato stampa, lui non ci era andato a Firenze, lui era un cappellano militare, ma era più intelligente di loro non si presentò. Lui ci scherzava col Priore ma lo rispettava"
.

LE RAGAZZE DI BARBIANA - La scuola al femminile di Don Milani – a cura di Sandra Passerotti -

Intervista di Vittorio Narducci

In quale anno sei andato alla scuola di Don Milani?
Sono andato a Barbiana nel 1962. Avevo 13 anni.

Per quali ragioni andasti a Barbiana invece che alla scuola normale?
A
ndai da don Milani perché era la scuola più vicina e si poteva raggiungere a piedi. Nel territorio era l'unica scuola dove si poteva prendere il diploma di terza media o il terzo avviamento industriale. L'altra scuola era a 14 Km dalla mia abitazione e non avevo la possibilità di andare a questa scuola perché non c'erano adeguati mezzi di trasporto pubblici, non c'erano allora i pulmini scolastici.

Quindi per una questione logistica?
Logistica, sì, lì c'era possibilità di arrivare a piedi. Barbiana, infatti, era distante da S. Martino, dove abitavo, circa 6 chilometri, un'ora di percorso a piedi.

Dove è ubicato S. Martino?
Si trova leggermente più basso di Barbiana; io abitavo in campagna.

Tuo padre che lavoro faceva?
Il babbo faceva il muratore; lui andava via la mattina presto alle 5 e tornava la sera a casa alle 7.

In genere aiutavi tuo padre?
Aiutavo mio padre: Finite le elementari, iniziai a lavorare: andai a lavorare da un fabbro ferraio qui a Vicchio, in paese. Scendevo e risalivo in bicicletta. A scendere no, ma a risalire la sera era dura. Son sette chilometri dal paese. Don Milani venne a Barbiana nel '54. Finii le elementari e poi andai a lavorare. Nel ‘62 ripresi la scuola e andai su a Barbiana.

Prima di andare a scuola da don Milani ne avevi sentito parlare?
Ne avevo sentito parlare, nella parrocchia, dove abitavo io, c'erano altri ragazzi della mia età che andavano già a Barbiana.

Quei tuoi compagni come ne parlavano?
Ne parlavano bene. Dicevano: “Questo prete ci insegna, ci dà la possibilità di prendere il diploma di terza media”. Io non sapevo niente, anzi sapevo soltanto che c'era questo prete che era osteggiato dal mio parroco.

Ti rammenti il nome del prete della tua parrocchia che non apprezzava la scuola di don Milani?
Era un certo Donatini. Abitava nella chiesa della mia parrocchia. Consigliava i genitori a non mandare i ragazzi lassù perché a suo modo di vedere don Milani era un prete poco raccomandabile. Però io non intesi quello che diceva il sacerdote. Non avevo più voglia di andare a lavorare perché era dura. Volevo continuare a studiare e mio padre mi disse: “Va bene, se vuoi andare a Barbiana io ti ci porto, almeno arrivi alla terza media”.
La terza media in quegli anni lì, negli anni '60 era una laurea oggi, diciamo. Perché si potevano fare concorsi nei posti pubblici ecc. Perciò io mi raccomandai ai ragazzi, miei amici, che andavano lassù e gli chiesi se era possibile informare il priore di questa mia venuta. Lui tutto contento rispose che il giorno dopo potevo andare su la mattina accompagnato da mio padre.

Mi presentai la mattina dopo col mio babbo, presto presto, perché lui doveva andare a lavorare; prima delle 8 ero già lassù e don Milani disse che c'era la possibilità di prendere questa licenza a Barbiana. Mio padre gli domandò: “Ma come fa mio figlio a venire sù?”. Lui gli rispose subito: “Fa come fanno gli altri: vengono a piedi. Son giovani e forti, perciò non gli manca certo il fiato per venire su a Barbiana”. Mio padre gli chiese : “Va bene, quando può venire?”. Don Milani rispose: “Da domattina lui può venire a scuola, anche se ce lo lascia ora non c'è problema”. Allora mio padre gli domandò: "Cosa gli devo comprare? Libri, qualcos'altro?". Il priore gli rispose: "Niente, libri ce ne sono in abbondanza. Lui si deve procurare soltanto un paio di stivali per l'inverno, una pila, una tuta di gomma in caso di pioggia, una borsa e il mangiare se lo porta da casa. Col tegamino viene su e, la mattina alle 8, inizia la scuola. Il ragazzo deve essere qui alle 8 meno 10”. E poi disse: “Da domani suo figlio è mio figlio" (proprio chiaro così); se c'è da rimproverarlo, lo rimprovero, se c'è da dargli qualche scappellotto, voglio l'autorizzazione di darglielo”. E mio padre lo rassicurò: "Sì, sì, io lo mando volentieri. perciò lei è responsabile di mio figlio".

Quando andasti su, quale fu la tua prima impressione?
La prima impressione, venendo dalla scuola delle monache di San Martino, fu un impatto piuttosto duro, ma il priore seppe subito recuperare col suo modo amorevole e gioviale. Tutti dicevano che era severo etc. . Era severo, certamente, ma aveva anche la sua parte di giovialità, era anche spiritoso. Bisognava comportarsi in un certo modo. Arrivai lassù e ci trovai 20 o 25 giovani.

Quanti anni sei restato a Barbiana?
Sono stato lì cinque anni, di cui 10 mesi in Inghilterra e 4 mesi in Francia a imparare le lingue.

All’estero ti mandò don Milani?
Mi mandò lui, lui con le sue conoscenze, le sue amicizie.

In Inghilterra e in Francia che tipo di esperienze hai fatto?
In Francia ho fatto la mia prima esperienza quando avevo 15 anni. Fu una cosa bellissima. L'esperienza in Francia è stata alquanto dura perché ero a dormire, insieme a Edoardo, in un ospizio di vecchi, dove ospitavano giovani, non della mia età, ma di 20, 22 anni, che venivano da tutta Europa. Noi eravamo gli unici di quell'età lì. L'esperienza di Barbiana era questa. All'estero, di ragazzi della nostra età non ce n'era a quei tempi. Stetti lì, vicino Lione, a disposizione di questa organizzazione, che ci portava fuori la mattina a 30, 40 chilometri di distanza e in aperta campagna a sistemare le case per gli sfollati algerini. A quei tempi c'erano sfollati, che dall'Algeria venivano in Francia. Il governo francese doveva trovare loro dei posti dove stare. Allora si andava a sistemare le case vecchie, si facevano case in legno, manovalanza, e poi si andava nella vecchia Lione a pulire delle abitazioni, ci si trovava di tutto.

Insomma, una sorta di vacanza lavoro?
Una vacanza lavoro per imparare la lingua, conoscere le usanze e la vita degli altri. Per noi erano questi gli scopi indicati da don Milani.

In Inghilterra, invece?
Tornato dalla Francia, a 16 anni, andai in Inghilterra; stetti 10 mesi e oltre e appresi l’inglese. Ci andai nel '65, nel momento in cui don Milani difese gli o di coscienza.

Come riuscivate a trovare ospitalità all’estero?
Prendiamo ad esempio l’Inghilterra. Ricordo che diversi cattolici inglesi erano in corrispondenza con don Milani; tra l’altro gli chiedevano come potessero rendersi utili verso di lui. Allorché per qualcuno di noi si programmava un viaggio all’estero, bisognava scrivere una lettera e chiedere quello di cui si aveva bisogno. Noi si sceglieva tra le tante lettere che arrivavano da tutte parti d'Europa. Se si andava in Inghilterra, l’interessato si prendeva la sua parte di lettere e le leggeva: questa è del Nord d'Inghilterra, questa viene da Londra, etc. . Le lettere si catalogavano, selezionavano e si scriveva a questi signori chiedendogli permesso di lavoro e ragguagli sull’ospitalità.
Noi si scriveva in inglese a queste famiglie e dopo un po' di tempo ci mandavano la risposta con l'accoglienza, il permesso di lavoro, etc. etc.

Quindi, a Barbiana complessivamente sei rimasto 5 anni. Il progetto del conseguimento della terza media è diventato un optional?
Diventò un optional, perché la scuola di Barbiana era dura, però il Priore la rendeva piacevole. Io, almeno, non ho mai sentito il peso della scuola. Per me vivere a Barbiana è stata un divertimento. Avevo sempre voglia di imparare anche se durava 12 ore. Non ci stancavamo mai, cambiavamo sempre argomenti e si riusciva a cogliere i punti più belli in ogni particolare tema. Si andava in profondità. Lui ti dava la voglia e il compagno che era più indietro era aiutato. Bisognava andare avanti insieme e don Milani portava l'ultimo al pari del primo e guai se quello più progredito faceva qualche smorfia. Quando il Priore faceva italiano, qualche volta noi non capivamo e lui chiedeva: "Cosa ho detto?". Se gli rispondevi e masticavi solo un po', capiva che tu non eri stato attento. Allora c'era il rimprovero, perché non lo avevi fermato. E allora lui si rimetteva a spiegare da capo, perciò poteva stare 5 o 10 minuti a rileggere quel particolare tema più volte e da capo. E gli altri zitti, guai se volevano intervenire, se avevano qualcosa in più da dire. Questo metodo ci rendeva più tranquillo e più sereni nell'imparare.

Quando hai preso la licenza media?
L'ho presa nell’anno scolastico 1966/67. Mi sono fermato, perché bisognava aiutassi mio padre, che alle volte non riusciva a portare a casa il mensile, in quanto il principale non navigava tanto bene. Tuttavia sono rimasto legato a Barbiana e ai suoi ragazzi.

Morto don Milani, cosa successe?
A partire da 67 la campagna si spopolò ancora di più: nel ‘68 a Barbiana, se non ricordo male, c'erano solo 80 anime. Morto don Milani la gente cercò di avvicinarsi al paese, perché la zona diventò invivibile, non c'era niente; sassi e basta, non c'era agricoltura, solo qualche pascolo. Allora ci si ritrovò e si decise di portare quello che avevamo imparato nel posto dove ognuno di noi andava a lavorare, comportandosi il meglio possibile secondo l'insegnamento di don Milani.

Come venne l'idea di costituire il Centro di Formazione e Ricerca don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana?
Ventuno anni fa è stato il Presidente, Nanni Banchi, a creare questo Centro. Lui ha conosciuto don Milani in quanto il padre era il falegname che portava a noi il materiale in legno per costruire tavoli, librerie ecc. Ci veniva volentieri perché, quando finiva il lavoro commissionato, don Milani pagava subito, mentre, a quei tempi lì, i denari per i lavori che lui faceva a tante persone li riscuoteva dopo tanto tempo. Nanni Banchi è stato poco nella scuola di Barbiana; una volta mentre si studiava astronomia, ricordo che il priore disse a Nanni: “Guarda, sai che cos'è quella stella dove è puntato il cannocchiale”. “M'importa assai”, rispose.

Egli non ha frequentato la scuola a Barbiana. Successivamente si è reso conto di quello che ha perso. Dopo la morte di don Milani vedeva sempre macchine lungo la strada per Barbiana. Queste macchine passavano di continuo e la moltitudine di gente che veniva domandava di Don Milani. Ho sentito spesso il Nanni dire: “Ma guarda cosa mi sono perso, potevo essere andato anch'io lassù a scuola a imparare qualcosa e invece...”
Allora ha cominciato a cercare tutti noi, tutti i ragazzi di don Milani e insieme abbiamo continuato due anni ad andare su a Barbiana, il sabato e la domenica per ricostruire il cimitero e n due anni abbiamo ricostruito la cappella del cimitero. Mentre eravamo lì a preparare la calcina, murare, ecc. si cominciò a parlare e venne la voglia di mandare un segno positivo, di vedere un po' come si poteva fare per dare la possibilità a tutte le persone che salivano di avere un contatto, di dare la nostra testimonianza. È nato così il Centro Documentazione don Milani.

Vedo che hai tra le mani la videocassetta "Addio a Barbiana". Di quell’esperienza cosa ti è rimasto?
Fondamentalmente mi è rimasta la carica esplosiva che don Milani ci ha dato.
Del priore mi è rimasto l'affetto, l'amore. Ogni volta che vado a trovarlo, mi metto seduto davanti alla tomba a parlare con Lui.

Anche don Milani avrà avuto i Suoi difetti. Vuoi indicarne il peggiore?
Di difetti ne avrà avuti tanti, aveva paura del sangue e gli piaceva la cioccolata. Per tutti, forse, il suo essere stato un prete severo. Ma quello non era un difetto, era un modo di gestire e portare avanti quella scuola. Senza ordine, con trenta ragazzi tra i 13 e i 17 anni c’era il rischio che si buttasse all'aria tutta Barbiana.

Dal punto di vista culturale don Milani cosa ritieni che ti abbia lasciato?
Mi ha dato quella carica impulsiva di continuare a interessarmi, a leggere il giornale, a essere sempre al corrente di tutto quello che la vita purtroppo ci offre, anche rimanendo soli e a non aver paura di essere contro corrente. Spesso, molti di noi si comportano come pecore, tutte dietro al gregge.

Che lavoro fai attualmente?
Faccio l'autista di pullman di linea; si viaggia sempre con 40 o 50 di persone. Si porta i ragazzi delle scuole superiori e delle medie. Perciò sono a contatto con centinaia di giovani. Mi è servito possedere la "parola". Don Milani ha cercato di levarci quella timidezza specifica dei contadini, dei montanari. Nel mio luogo di lavoro c'è scritto: “Non parlate al conducente”. Ho cancellato il "Non", e ora c'è scritto: "parlate al conducente". Perciò faccio, tranquillo e beato, delle lunghe chiacchierate con questi giovani e parliamo di tanti problemi e della scuola.

Ti rivolgono specifiche domande sapendo che sei stato alunno del Priore?
Sì. Ormai sanno vita, morte e miracoli di me. Cercano molte volte anche di spronarmi a parlare di Barbiana, anche con la gente, ormai sono un personaggio nella zona, l'autista milaniano.

Come se fossi uno di quei ragazzi nel tuo autobus, ti chiedo cosa ha rappresentato per te don Milani?
Scusami se non l'ho ancora detto. Don Milani era un prete. Il priore, per me era un grande maestro e, oltre che un prete, anche un padre, perché ha voluto bene a tutti noi.

Grazie per la cordiale disponibilità, il tempo, i ricordi e i contenuti che hai cortesemente concesso ai lettori di Corporeità.