Scuola di Barbiana
Ricerca Azione: le identità
LA PAROLA
“codificata e non”
LE IDENTITÀ
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IL MAESTRO
identità
del Maestro
Il non sapere è lo stato di normalità dentro al quale vive ogni uomo, fosse anche il Maestro. Questo ci hanno lasciato in eredità Socrate e Lorenzo, dissimulando la propria ignoranza di fronte a chi ha la pretesa di esser padrone della Conoscenza. Infatti il loro dialogare poneva l'interlocutore, oltre che nel dubbio, nell'obbligo di confutare.
Controbattere le affermazioni sedimentate dalla tradizione culturale e dimostrarle ancora valide, superate o erronee, in quanto opinioni, porta ad ammettere l'esistenza di più ipotesi.
Così le tante tesi, che accompagnano il ragionamento scaturito dalla lettura di un classico o da un vissuto, vengono immerse in una riflessione collettiva alternativa alla lezione frontale. Dove le idee, veicolate dal docente sulla linea del tempo, facendole correre a ritroso, partendo quindi dal tempo presente e non partendo da lontano, dove spesso la didattica si impantana, rivivrebbero dentro una narrazione che comprende l'intera esistenza umana, nel suo vivere i periodi e la loro scansione in epoche. L'eterno ritorno delle parole riflettute ed interpretate alla luce del nuovo tempo sono alla base dei moti rivoluzionari che ricongiungono sui bisogni veri le fratture tra epoche.
Questo modo di essere del Maestro ci porta a percepire la verità dentro ogni aspetto della realtà, presente e passata, composta di eventi mutevoli, che imprimono nella nostra Memoria il senso della Storia.
Quando le vecchie verità incontrano la realtà, e si fondono nel crogiuolo dell'aula scolastica, abbiamo un vero rapporto esperenziale dialettico-dialogico. Nel quale l'arte del tirar fuori, la maieutica, e l'ascolto reciproco consentono all'allievo di esprimere la propria cultura informale e le potenzialità innate o acquisite, liberandolo dalla retorica, ma anche dalla persuasione.
Scoprire l'intenzionalità della coscienza, invece di cercare semplicemente il consenso, muoveva l'azione educativa a turbare fortemente l'animo del cittadino ateniese e del contadino di montagna, abbindolati dal politico di turno che, con i suoi discorsi da sofista, li rendeva passivi.
Perché soltanto attraverso il dialogo e la discussione, è possibile dipanare, dal groviglio delle tante opinioni, che impediscono la visione del reale, il nesso logico che ci fa progredire ed intuire la Verità.
Proprio per questa loro ignoranza, la Pizia nella antichità e lo spirito del tempo di oggi, li hanno sentenziati per essere i più sapienti.
“Non chiedetemi metodi e tecniche, affermava don Lorenzo Milani, ma piuttosto come deve essere l'educatore per poter far scuola!” E riflettendo su una nuova pastorale che già esprimeva uno spirito conciliare:“Se Dio ha parlato, compito del sacerdote è fungere da tramite tra la Parola e il Popolo”.
Profeti del loro tempo, perché espletavano un tempo retroattivo alla motivazione, avevano l'efficienza delle loro incruenti armi accanto:
Umiltà: Non si deve disprezzare alcun scritto o sapere. Non ci si deve vergognare di imparare da chiunque. Chi sa non guarda dall'alto al basso … L.P. La cultura.
Tranquillità interiore: allontanare dal campo ogni distrazione o elemento superfluo.
Liberazione: carpire l'essenziale e allontanarsi, anche nella mente, dalla terra di origine.
Consapevolezza: Un conto è essere sapienti ed altro accumulare conoscenze (nozionismo).
Sentimento: La Conoscenza è come il fuoco che illumina, ma, allo stesso tempo, arde. Il Sapere, non toglie soltanto l'ombra e le tenebre dagli occhi dell'umanità decaduta, ma allungando lo sguardo riempie di emozioni. Non è semplice atto di contrapposizione, ma tende alla fusione.
Ascolto reciproco: La buona pratica ha il suo rumore. Un brusio di fondo l'accompagna. Se abbiamo silenzio assoluto, significa che l'educatore ha preso il sopravvento. Se in aula si scatena il chiasso significa che ha perso la necessaria autorevolezza. Quando ci si ascolta, si interagisce sottovoce, senza perdere il filo logico che ci accompagna ed il ritmo della classe. (video dialogici)
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L'ALLIEVO
identità
dell'allievo
Abbiamo scelto di analizzare l'età dell'adolescenza, quando un'indole ribelle non si confronta più con le regole imposte dalla società. L'età più difficile da gestire, ma anche quella più intrigante.
I nativi digitali però, pur restando anche per loro valide, come motivazioni di base, l'identità e la consapevolezza, li troviamo radicalmente mutati rispetto ai comportamenti dei loro coetanei del secolo scorso.
In passato i ragazzi si confrontavano con i modelli ben strutturati dei genitori, di cui il padre personificava l'autorità. In questa fase di distacco psicologico dall'ambiente familiare a favore del gruppo dei pari, quando si perde anche il senso della direzione, i conflitti edipici oggi stanno in secondo piano rispetto al narcisismo, che sempre ha caratterizzato questa fase di sviluppo. Un egocentrismo che cresce e si struttura dentro il cerchio ristretto dei coetanei, senza più vera relazione con gli adulti, diventati i veri protagonisti della non crescita.
Ma anche in tale contesto lo stare insieme perde il suo legame relazionale per diventare un orientamento sociale. E se la società perde il senso del dovere e della responsabilità a favore di una banale ricerca dello star bene (effimero e momentaneo), come impone la società dei consumi, l'adolescenza diventa una condizione permanente ed esistenziale. Legata ad un presente che non consente di entrare nell'età adulta.
Avendo persi i luoghi della socializzazione, anche nell'età in cui non è più lecito gattonare, si perdono anche quelle continuità di idee che facevano da legamento. Meglio chattare fino a notte tarda su percorsi discontinui che vivere la presenza umana reale, che ti porterebbe a ritrovare una logica di senso e di conseguenza pensare al lavoro o allo studio del giorno dopo. In una società che vive solo per il presente e non ha più futuro, qualcuno la definisce l'epoca della post-esperienza, la superficialità, dentro la quale i giovani sono costretti ad abitare, è diventata l'unica logica da perseguire.
L'egocentrismo non è più fase iniziale utile alla crescita, ma diventa il vero baricentro del sé permanente e non si lega più ad impulsi filogeneticamente trasmessi, ma si sviluppa e cresce tra i muri di casa. Dove il senso di colpa che caratterizzava la psicologia umana fino a pochi anni fa, ed era dovere dell'educatore farlo maturare, è sostituito da un senso di tragicità ed impotenza. I presupposti di una presa di coscienza, rispetto ad eventi reali come quelli climatici ed energetici, che ci fanno prevedere una fine tragica della nostra specie, non solo non si affrontano, ma si rinforzano nel modo più perverso. Non è più l'Io che cerca di mediare tra l'Es e il SuperIo, tra le pulsioni individuali e le regole condivise, ma un Sé che cerca coerenza e che di fatto si struttura dentro una circolarità di dati che potrebbero essere infiniti. Un agire molto distraente questo nostro essere ormai multitasking. Agiamo senza più pensare ed ascoltare! Il nostro habitat si è trasformato in un non luogo dove si privilegia i tool a scapito delle teorie e le abilità digitali non si trasformano in competenze.
Siamo di fronte ad aspetti molto contraddittori, che da una parte contemplano il rifiuto delle figure familiari, ed educative, e dall'altra vivono la totale dipendenza, che da fisica, i vecchi modelli, diventa sempre più meccanica, perché in questo “gioco” si uniscono tutti i soggetti sociali. Si mescolano le parti. Scompare Gianni e scompare anche Pierino. Ma ancora non siamo consapevoli delle nuove personalità che li sostituiranno.
Una cosa è l'insurrezione digitale e altra cosa l'operazione mercantile.
Spesso dopo l'insurrezione torna il vecchio sistema, che perdendo la caratteristica di essere conseguenza del passato, diventa manipolazione fanatica del futuro. Ossia restaurazione.
La ricerca di un'individualità, cara alla psicologia del profondo, si traduce in automatico in puro egoismo.
I giovani di oggi ci appaiono come dei ribelli senza causa. I loro codici comportamentali si confermano in un linguaggio in cui l'Io e il Noi si intrecciano. Ma sembra più un Noi che diventa un'estensione del proprio Io, quasi a dettare la territorialità, ed esclude l'identità del gruppo di appartenenza.
L'opponente, visto come esterno, diventa un loro. Da negare o mortificare.
(La storia di Greta)